Di Patrizia Gentilini – Il Fatto Quotidiano, 11 marzo 2019 | Fonte
Il 7 marzo si è svolta presso la sala stampa della Camera una conferenza stampa, promossa trasversalmente da diverse forze politiche, alla presenza di Vandana Shiva che ha illustrato la campagna per un cibo e una agricoltura senza veleni e senza combustibili fossili entro il 2030.
Agricoltura e clima – argomento più che mai di attualità in vista dello sciopero mondiale del 15 marzo – sono due facce di una stessa medaglia, perché per ridurre l’emissione di gas serra e contrastare i cambiamenti climatici dobbiamo aumentare il sequestro di carbonio organico nei suoli, grazie a una agricoltura non fondata sull’agrochimica e non certo bruciare biomasse considerando “rinnovabile” l’energia prodotta. Su questo argomento di cruciale importanza la posizione di noi Medici per l’Ambiente è stata espressa con grande chiarezza.
A fianco di Vandana, il 7 marzo, invitati a portare le proprie testimonianze, anche agricoltori biologici, ricercatori, medici, associazioni, comitati che si battono per una agricoltura senza veleni e per difendere la salute dei loro figli – come i genitori di San Giacomo preoccupati dalla piantumazione di un vigneto a ridosso dell’asilo frequentato dai loro bambini – e il Sindaco di Malles, cittadina dell’Alto Adige caratterizzata dalla coltivazione intensiva di meleti e diventata simbolo, non solo in Italia, della lotta ai pesticidi perché qui fu vinto con ampia maggioranza (76%) e con una partecipazione del 70% un referendum per la messa al bando degli agrochimici. Il referendum fu giudicato illegittimo e la Corte dei Conti, con sentenza giunta proprio lo scorso 8 marzo, ha condannato il coraggioso Sindaco di Malles – che altro non aveva fatto che difendere la salute e rispettare la volontà dei suoi concittadini – a una pesante sanzione economica.
Vorrei partire proprio da questa ultima notizia perché credo dimostri in modo inequivocabile la verità delle parole pronunciate da Vandana nella conferenza stampa: “È chiaro dalle evidenze che la questione dei prodotti chimici nel nostro cibo è una questione di democrazia. La libertà dei cittadini da ciò che è nocivo dovrebbe essere garantita. È ciò per cui le comunità lottano nel mondo. Ogni volta che i diritti democratici vengono messi al primo posto delle decisioni allora c’è una distorsione per silenziare le persone. La democrazia come ogni cosa vivente cresce dal basso verso l’alto, quando ciò non avviene tale principio viene violato”.
Non è più quindi in gioco solo il diritto alla salute e a vivere in un ambiente salubre, ma qualcosa di ancora più grande ed importante: il diritto stesso delle comunità di decidere del proprio destino, cominciando proprio dall’agricoltura per coltivare e vivere senza veleni. Da numerosi studi ormai sappiamo che l’alimentazione biologica non solo ha meno residui di pesticidi e cadmio, ma è più ricca di nutrienti, antiossidanti, riduce il rischio di cancro e in gravidanza protegge il neurosviluppo. Indiscutibili i vantaggi dell’agroecologia su biodiversità e fertilità dei suoli, ma non solo: un recentissimo articolo della rivista Nature Substainability abbatte anche l’ultimo baluardo di chi difende il modello agricolo industriale, ovvero che i pesticidi proteggono i nostri raccolti e quindi garantiscono cibo per tutti. In questo studio, attraverso due distinte metanalisi, si è dimostrato, al contrario, che nelle coltivazioni biologiche vi sono minori infestazioni di patogeni e un miglior controllo dei parassiti grazie a una maggior presenza di erbe avventizie (malerbe).
Non ci sono più scuse quindi per non abbandonare il prima possibile un modello agricolo che ogni giorno di più si dimostra insostenibile, fallimentare e nocivo per la salute dell’uomo e dell’ambiente. L’esempio del Sikkim, primo stato 100% bio premiato dall’Onu, è il migliore incoraggiamento per le tante comunità che in tutto il mondo sempre più stanno lottando per perseguire questo obiettivo.