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Terra Nuova, 24 Gennaio 2020 – Articolo tratto dal libro Agroecologia e crisi climatica | Fonte

L’unica strada percorribile per frenare il cambiamento climatico è la biodiversità, che aumenta la resilienza e accresce la diversità genetica.

La biodiversità è la nostra unica assicurazione contro il cambiamento climatico: offre una protezione contro gli estremi climatici e l’incertezza climatica; aumenta la resilienza, restituendo più carbonio al suolo; migliora la capacità del terreno di sopportare la siccità, le inondazioni e l’erosione.

La diversità dei sistemi viventi è un’espressione della loro capacità di evolvere e adattarsi. Ecco perché scienziati come Salvatore Ceccarelli stanno sempre più concentrandosi sulla conservazione dell’agrobiodiversità e sul miglioramento genetico evolutivo. La biodiversità negli ecosistemi naturali è andata adattandosi in modo naturale e autonomo al mutare delle condizioni. Col crescere nel tempo dell’ampiezza del cambiamento climatico, l’esigenza di una co-evoluzione per l’adattamento diventa più pressante. Tradizionalmente, le comunità che dipendono dalle risorse della biodiversità disponevano di istituzioni informali e di norme consuetudinarie per garantire che le perturbazioni esterne non superassero la resilienza naturale oltre certi limiti. Le Van Panchayat, che sono dei comitati forestali a livello di villaggio, ne sono un esempio, ed esistono ancora in molte parti dell’India. Gli approcci ancestrali e collaudati nel tempo però potrebbero aver bisogno di essere integrati con misure attuali di adattamento per affrontare le nuove minacce alla biodiversità.


Pubblicazioni di Navdanya a cura di Terra Nuova Edizioni


La conservazione in situ ed ex situ delle risorse genetiche delle specie vegetali e animali è importante per preservare delle opzioni per i bisogni futuri dell’agricoltura. La conservazione in situ della biodiversità agricola viene definita come la gestione da parte degli agricoltori di un insieme di popolazioni vegetali diverse nell’ecosistema in cui si sono evolute. Ciò permette il mantenimento dei processi di evoluzione e adattamento delle colture al loro ambiente. La conservazione ex situ, invece, prevede la conservazione delle specie al di fuori del loro habitat naturale, per esempio in banche del seme, o serre.

Sarebbe necessario anche promuovere la conservazione delle componenti degli ecosistemi agricoli che forniscono beni e servizi, come il controllo naturale dei parassiti, l’impollinazione e la dispersione dei semi. In effetti, il 35% delle colture nel mondo dipende dagli impollinatori, come api, uccelli e pipistrelli.

La biodiversità accresce la diversità genetica, che è indispensabile per far fronte agli stress ambientali, ed è il cardine delle strategie di sussistenza dei piccoli agricoltori, oltre a costituire la base della sicurezza alimentare, fornendo alternative ai combustibili fossili e agli input chimici di sintesi alle aziende ecologiche e di piccole dimensioni. La biodiversità è l’unica assicurazione ecologica per l’adattamento e l’evoluzione futuri della società nei confronti dei modelli meteorologici estremi. Aumentare la diversità genetica e colturale nei sistemi alimentari, e conservare questa biodiversità come bene comune, rappresentano strategie di adattamento vitali per rispondere alle sfide del cambiamento climatico.

La resilienza degli ecosistemi può essere rafforzata, e il rischio di danneggiare gli ecosistemi naturali e umani può essere ridotto, se si adottano strategie adattative e di mitigazione basate sulla biodiversità. La mitigazione viene definita come un intervento umano per ridurre le fonti di emissione dei gas serra, o per migliorare il sequestro del carbonio, mentre l’adattamento al cambiamento climatico si riferisce ad aggiustamenti dei sistemi naturali o umani in risposta a stimoli climatici o ai loro effetti, che contengono i danni o sfruttano opportunità favorevoli.

Tra le attività che promuovono la mitigazione o l’adattamento al cambiamento climatico segnaliamo:
• mantenimento e ripristino degli ecosistemi nativi;
• protezione e rafforzamento dei servizi degli ecosistemi;
• gestione degli habitat per le specie in pericolo;
• creazione di aree tampone;
• conservazione della flora e della fauna locali, incluse le specie coltivate e i loro ecotipi;
• promozione della coltivazione ecologica basata sulla biodiversità;
• valorizzazione della conoscenza indigena.

Il benessere delle comunità di biodiversità in tutto il globo ricava dagli ecosistemi naturali molti beni e servizi essenziali: cibo, acqua dolce, legname, legna da ardere, fibre, prodotti forestali secondari, materiale genetico. L’economia umana dipende chiaramente dai servizi degli ecosistemi, messi in atto «gratuitamente». Gli ecosistemi naturali inoltre svolgono servizi fondamentali a supporto della vita senza i quali le civiltà umane cesserebbero di prosperare. Sin dall’inizio della loro vita sulla terra, gli esseri umani hanno sviluppato conoscenze e trovato strade per ricavare i loro mezzi di sussistenza dalle ricchezze della diversità della natura, sia nelle forme selvatiche che in quelle addomesticate. È evidente che un certo grado di biodiversità è necessario per fornire la basi materiali della vita umana: a un certo livello per conservare la biosfera come sistema funzionante, a un altro livello per fornire il materiale di base per l’agricoltura e altre esigenze funzionali.

Cacciatori e raccoglitori all’inizio della civilizzazione hanno utilizzato migliaia di piante e animali come fonti di cibo, medicine, rifugio e vestiario. Oggi il numero di specie animali e vegetali utilizzate dall’uomo si sta notevolmente riducendo a causa del cosiddetto “sviluppo”. Gli esseri umani dipendono oggi per la loro sussistenza da pochissime piante, il che crea uno squilibrio nella natura dovuto alla diffusione delle monocolture e allo sovrasfruttamento di alcune risorse, e indirettamente alla pressione esercitata sulla terra per soddisfare l’ingordigia umana. La diversità è la caratteristica della natura, e la base della stabilità ecologica. È anche un concetto che si riferisce alla gamma di variazioni e differenze tra insiemi di soggetti.

Biodiversità significa semplicemente diversità biologica, e si riferisce alla varietà all’interno del mondo vivente. Il termine viene utilizzato comunemente per descrivere il numero, la varietà o la variabilità degli organismi viventi. In parole povere, l’intera varietà di piante, animali e tutti gli altri organismi viventi sulla Terra costituisce la biodiversità del nostro pianeta.
La biodiversità non è la mera componente genetica di specie diverse, ma l’interdipendenza tra flora, fauna, inclusi i microrganismi, suolo, acqua, ecosistemi, ambiente e cosmo nel suo complesso.

Le diverse zone climatiche ed ecologiche dell’India forniscono un ambiente propizio all’evoluzione di un’ampia gamma di ecosistemi. Dai tropicali monti Ghati occidentali al temperato Himalaya, dalle fertili regioni costiere ai freddi deserti del Ladakh, l’India alberga una varietà straordinariamente diversa e ricca di biodiversità.

Molte delle attività umane che modificano o distruggono gli ecosistemi naturali possono causare il deterioramento di servizi ecologici il cui valore, nel lungo periodo, fa impallidire i benefici economici a breve termine che la società riceve da tali attività. Fortunatamente il funzionamento di molti ecosistemi si può ripristinare se vengono presi in tempo provvedimenti adeguati. Il cambiamento climatico, inclusi variabilità ed eventi estremi, continua a incidere sugli ecosistemi, a volte favorevolmente, ma spesso con effetti negativi sulla loro struttura e funzioni.


Articolo tratto dal libro Agroecologia e crisi climatica – Terra Nuova Edizioni

La crisi ambientale, sociale ed economica che viviamo oggi ha un principale colpevole: l’attuale modello agroalimentare, che espone l’intero Pianeta ai pericoli di una nuova estinzione di massa, depredando le risorse naturali, come l’acqua e la fertilità dei suoli. In questo nuovo libro, Vandana Shiva e Andre Leu presentano i risultati delle ultime ricerche scientifiche, dimostrando che un altro modello agricolo non solo è possibile, ma anche necessario, per combattere la fame, frenare i cambiamenti climatici e arginare la devastazione del Pianeta.
La questione ha anche una valenza di ordine sociale e politico. L’agricoltura industriale, basata su monocolture, pesticidi e biotecnologie, rende sempre più dipendenti e indebitati gli agricoltori consegnando i saperi, i mezzi di produzione e gli stessi semi nelle mani di poche multinazionali, con una concentrazione di potere senza precedenti nella storia.
In un testo destinato a fare storia, gli autori smontano un modello produttivo a lungo celebrato come efficiente, ma che ad uno sguardo più attento si mostra del tutto incapace ad affrontare le sfide della crisi climatica, la fame nel Sud del mondo e la malnutrizione cronica nei paesi cosiddetti sviluppati. La soluzione è nelle pratiche agricole sostenibili supportate da nuove conoscenze agronomiche in grado di valorizzare la complessità del vivente, garantire cibo sano per tutti e una nuova democrazia per il futuro del Pianeta.