Le correzioni tecnologiche non salveranno il nostro pianeta
Nel suo ultimo libro, Come evitare il disastro climatico. Le soluzioni di oggi, le sfide di domani, Bill Gates, co-fondatore di Microsoft, delinea un piano per arrestare il riscaldamento globale riducendo a zero le emissioni di gas serra. Un fatto che sembra un po’ ironico, dato che proviene da uno dei più grandi emettitori di gas serra[1] del mondo, il cui “piacere colpevole” è quello di volare con jet privati, e che ha appena aderito ad un’offerta per acquisire la più grande compagnia[2] di servizi di jet privati del mondo. Ma questo tipo di contraddizione, il voler risolvere un grave problema di fondo con una soluzione superficiale, non è strana per Gates. Uno sguardo ravvicinato ai suoi investimenti da un milione di dollari, ai partenariati tra miliardari e società private e alla sua agenda politica, mostra uno scarso allineamento con l’obiettivo di mitigare veramente il cambiamento climatico, di aiutare ad alleviare la fame nel mondo, o di sollevare i poveri dalla condizione di povertà.
L’influenza senza precedenti di Gates indica non solo lo straordinario potere della sua ricchezza, ma anche la convergenza di filantropia, società private e istituzioni internazionali nel plasmare la politica e gli scenari di sviluppo secondo i propri interessi. Questo modello, sebbene apparentemente giustificato da una nobile causa umanitaria e ambientale, promuove invece un paradigma fallito di industrializzazione e concentrazione aziendale con il pretesto di una ‘necessaria’ innovazione tecnologica.
Sebbene non ci siano dubbi sul fatto che stiamo vivendo in momenti di crisi sempre più aggravata, la spinta verso nuove innovazioni tecnologiche come percorso per risolvere i problemi del mondo viene ora rapidamente proposto come l’unico meccanismo possibile. Il che crea un punto cieco sia riguardo le cause profonde delle crisi che affrontiamo, sia riguardo il fatto che continuare su questa strada, servirà solo ad esacerbare ulteriormente le crisi. La scelta di evitare vere soluzioni sistemiche non è però una trascuratezza accidentale da parte di un settore delle innovazioni tecnologiche ammantato di buone intenzioni. E’ il contesto ideale per il quale le gigantesche multinazionali e strutture di potere che hanno creato le nostre attuali crisi in prima istanza, possano “venderci le “soluzioni” da esse stesse proposte.
Questa mentalità, basata su soluzioni tecnologiche, è evidente in tutte le iniziative della Fondazione Bill e Melinda Gates (BMGF) che, per loro natura, finiscono per negare soluzioni reali alla crisi climatica. Queste iniziative, sovvenzioni e programmi di sviluppo investono in vaste aree: alimentazione, agricoltura, sementi, salute, cambiamento climatico, istruzione, media, infrastrutture ed energia, come evidenziato nel rapporto[3] di Navdanya International: Gates to a Global Empire – e tessono una complessa rete di potere e di influenza internazionale per garantire interessi specifici. Con scarso o nessun senso di responsabilità, e grazie al peso del capitale di investimento detenuto sia dal Gates Foundation Trust che dalla loro ricchezza personale, insieme alla piattaforma di media pubblici sotto il loro controllo, Bill e Melinda Gates hanno avuto modo di stabilire effettivamente l’agenda di questi diversi settori. Alla fine, questo sistema ha l’effetto di allineare l’opinione pubblica con gli investimenti delle società private e di far aprire alla politica internazionale e statale, nuovi mercati n nome dello “sviluppo”, attraverso l’allineamento delle politiche e il co-investimento pubblico-privato.
L’esempio principale è il modo in cui Bill Gates ha esteso l’autorità della sua agenda sulla salute globale, investendo in istituzioni sanitarie internazionali, come l’Organizzazione Mondiale della Aanità (OMS), alla quale la Fondazione Bill e Melinda Gates fornisce quasi il 20% dei fondi[4]. Bill Gates mira a controllare l’istruzione e i media finanziando, ad esempio, istituti di ricerca scientifica come la Cornell University[5] e la John Hopkins University, oltre a fornire generose sovvenzioni a importanti testate giornalistiche[6] come il Guardian, la BBC e Al Jazeera, per citarne alcuni, per pubblicare storie allineate con le sue narrazioni.
Nonostante dichari di volere aiutare a combattere il cambiamento climatico, Gates investe direttamente anche nell’industria dei combustibili fossili[7]. È il maggiore azionista[8] di una delle più grandi compagnie petrolifere e del gas del Canada, la Canadian National Railway, mentre Microsoft ha anche legami diretti con le industrie del petrolio e del gas. Come spiegato da ETC in “The Sugar Daddy of Geoengineering”[9], Gates, insieme ai protagonisti dell’industria dei combustibili fossili, è stato uno dei principali sostenitori della geo-ingegneria estrema, delle tecniche di rimozione dell’anidride carbonica (CDR), della geo-ingegneria solare e di altre tecniche simili, da più di un decennio. “Tecnologie miracolose”, potenzialmente in grado di causare danni irreversibili ai sistemi meteorologici e ai cicli naturali del pianeta.
L’imposizione di un modello agricolo fallito
Uno dei settori in cui il mercato privato e gli interessi di potere di Gates sono più evidenti è la sua spinta alla trasformazione agricola. La Fondazione Gates promuove da decenni il modello agricolo industriale e una serie di nuove tecnologie con il pretesto di porre fine alla fame e al cambiamento climatico.
Nel 2008, Gates ha introdotto il modello fallito della rivoluzione verde degli anni ’60 in Africa lanciando il programma AGRA[10] (Alliance for a Green Revolution in Africa), che incoraggia gli agricoltori a passare alla coltivazione di monocolture commerciali su larga scala con l’ausilio di fertilizzanti sintetici, pesticidi, e sementi ad alto rendimento o geneticamente modificati. Una ricerca di Timothy Wise, a cui si fa riferimento nel rapporto[11] Gates to a Global Empire, dimostrando in modo evidente il fallimento di questa iniziativa. A 15 anni dal lancio, non ci sono prove che gli obiettivi fissati da AGRA abbiano portato a miglioramenti significativi nella produttività, innescando invece un aumento del 30% nel numero di persone che soffrono di povertà estrema nei paesi controllati dal programma.
Sebbene molti abbiano criticato il fallimento dell’AGRA, questo non è l’unico tentativo di Bill Gates di controllare ciò che accade nei campi degli agricoltori. Nel gennaio 2020, la fondazione Bill e Melinda Gates ha lanciato Ag One[12], un nuovo istituto di ricerca che mira a “potenziare i piccoli agricoltori con strumenti e tecnologie economicamente convenienti, e risorse di alta qualità di cui hanno bisogno e per uscire dalla povertà“. L’obiettivo è promuovere le tecniche della Rivoluzione Verde insieme a innovazioni tecnologiche, come la tecnologia dei dati e dei sensori, l’agricoltura di precisione, i gene drive, gli ogm, i modelli predittivi di intelligenza artificiale e così via, per aumentare la produttività delle colture in Africa, in Asia, oltre che in America Latina tramite Ag Tech[13]. Con il lancio di Ag Tech, sono state anche annunciate partnership con l’Istituto Interamericano di Cooperazione per l’Agricoltura (IICA), Microsoft, Bayer, Corteva, Syngenta, la Bill and Melinda Gates Foundation, che stanno dando vita a una pericolosa alleanza di multinazionali agricole industriali e biotecnologiche in America Latina.
La BMGF si concentra chiaramente e con orgoglio su questi partenariati e sul perpetuare il paradigma dell’agricoltura industriale. Ad esempio, l’entusiasmo di Gates per i fertilizzanti chimici è ben noto. Nonostante gli scienziati affermino che i fertilizzanti chimici emettano quantità pericolosamente elevate di gas serra (GHG)[14], e siano considerati inquinanti ambientali, secondo Bill Gates, i fertilizzanti sono una “magica invenzione che può aiutare a risollevare milioni di persone dalla povertà[15]“. Gates vede anche i semi ogm come una “soluzione tecnica necessaria” allo sviluppo agricolo che potrebbe “porre fine alla fame in Africa“[16], scegliendo di ignorarne i noti fallimenti, nonché le devastanti conseguenze ambientali, sociali e sanitarie. Gates ha espresso pubblicamente il proprio pieno sostegno a tecniche di manipolazione genetica altamente controverse[17] come il CRISPR-Cas9, in cui ha anche investito diversi milioni[18]. La BMGF è il secondo maggior investitore del gruppo di consulenza internazionale per la ricerca in agricoltura CGIAR, il quale da essa riceve oltre il 70% dei propri finanziamenti[19].
Questi investimenti conferiscono a Gates una notevole influenza, consentendogli di plasmare l’agenda della politica agricola e di sviluppo globale, e rappresentano un sistema conveniente per l’apertura di nuovi mercati per l’agribusiness e le biotecnologie in aree di mercato precedentemente non redditizie o difficili da raggiungere. L’allineamento delle politiche in questi paesi e in questi settori garantisce poi un ritorno agli investimenti di Gates.
Global Commission on Adaptation
Uno dei modi in cui Gates promuove sapientemente la sua visione e il suo programma è attraverso la Global Commission on Adaptation[20], una commissione internazionale co-fondata da Gates che promuove soluzioni tecnologiche per l’adattamento e la mitigazione dei cambiamenti climatici, attraverso iniziative finalizzate, ad esempio, a “colmare le lacune di dati” nel sud del mondo attraverso l’agricoltura digitale[21]. Significativamente, le raccomandazioni politiche e i documenti di sintesi della Commissione ispirarono, nel 2018, un rapporto redatto da IICA e CGIAR[22], che affermava senza mezzi termini che “l‘adattamento ai cambiamenti climatici in agricoltura è subordinato ad un incremento negli investimenti finalizzati a modernizzare i sistemi agricoli“. All’epoca, Il rapporto fu entusiasticamente approvato dai vertici della Commissione globale.
Tra i fondatori della commissione figura anche Kristalina Georgieva, l’attuale amministratore delegato del Fondo Monetario Internazionale (FMI) ed ex amministratore delegato della Banca Mondiale, oltre all’ex 8° segretario generale delle Nazioni Unite, Ban-Ki Moon. La commissione è composta da rappresentanti di 22 paesi ed è supportata da una serie di ministri degli esteri e ministeri, responsabili politici, dirigenti di banche e società di sviluppo, vertici delle Nazioni Unite e capi o ex capi di governo. Dalla fine del suo precedente mandato nel 2020, il consiglio di amministrazione non include più direttamente Gates, ma sono ancora in carica diversi soggetti molto vicini all’agenda di Gates. Questi comprendono Rodger Voorhies, presidente della divisione Global Growth & Opportunity della BMGF e dirigente di Ag One e Feike Sijbesma, attuale amministratore delegato e presidente onorario di DSM[23], un’azienda di biologia sintetica e alimenti artificiali finanziata da Breakthrough Energy Ventures.
Breakthrough Energy Ventures: La porta girevole per “Super Emettitori”
Mentre la promozione del paradigma industriale a livello politico avviene attraverso iniziative di sviluppo e di lobby, il gioco dei profitti miliardari e partenariati aziendali si manifesta più chiaramente in uno dei fondi di investimento personali più importanti di Gates: Breakthrough Energy Ventures. Ora sotto i riflettori come simbolo dell’impegno di Gates per risolvere il cambiamento climatico, questo fondo di investimento è supportato da altri filantro-capitalisti[24]. Tra i nomi di spicco: miliardari come Jeff Bezos, Mukesh Ambani, Michael Bloomberg, Richard Branson di Virgin Group, Reid Hoffman di LinkedIn, Jack Ma di Alibaba, e l’ex trader di Enron e gestore di hedge fund John Arnold, reinventatosi filantropo.
Delle molteplici startup finanziate da Breakthrough, sette sono coinvolte nei settori dell’alimentazione e dell’agricoltura, in particolare attraverso lo sviluppo e la commercializzazione di biologia sintetica e di prodotti biotecnologici. Mentre queste società startup utilizzano la retorica di un ecologismo di facciata, dichiarando di promuovere “soluzioni climatiche sostenibili”, uno sguardo più attento rivela che i team dirigenziali dell’azienda sono composti molti ex dirigenti di DuPont, Monsanto, Bill e Melinda Gates Foundation, PepsiCo e Microsoft. Perciò una domanda sorge spontanea: come possono le stesse persone coinvolte nelle aziende che hanno creato la nostra crisi sanitaria, ecologica e climatica, essere in qualche modo qualificate per rivenderci la “soluzione”?
Un esempio diretto della sovrapposizione tra il settore agroalimentare industriale e le nuove società tecnologiche è la Motif Foodworks[25], un’azienda di biotecnologie sintetiche per la creazione e la commercializzazione di “alternative vegetali” alla carne e ai latticini, oltre a prodotti alimentari e ingredienti finiti. La startup rivendica la propria sostenibilità facendo riferimento al fatto di non avere bisogno di terra, di input agricoli e di risorse esterne intensive, fornendo al contempo alimenti “migliorati”. Ha una partnership esclusiva con l’importante azienda di biotecnologie sintetiche Ginkgo Bioworks[26], finanziata da Gates, che crea prodotti per aziende farmaceutiche, come Moderna, e prodotti chimici industriali e ingredienti alimentari industriali per aziende come – appunto – Motif Foodworks. La Ginkgo Bioworks, inoltre, era coinvolta in una partnership da $100 milioni con Bayer per sviluppare fertilizzanti microbiologici sintetici.Questo però non è l’unico legame che Motif Foodworks ha con le grandi aziende alimentari e agricole industriali. Tutti i massimi dirigenti di questa azienda[27] – dall’amministratore delegato al Chief Commercial Officer (CCO) e al Chief Technology Officer (CTO) provengono da precedenti incarichi in DuPont e PepsiCo. Il dirigente degli affari normativi, governativi e industriali ha trascorso otto anni come Direttore della Global Advocacy presso Monsanto, altri nove come Direttore degli affari normativi aziendali di Dupont e quattro presso CropLife come vicepresidente di Dipartimento Science and Regulatory Affairs. Il massimo consigliere di Motif Foodworks è l’ex CEO di PepsiCo, Indra Nooyi. Lo stesso vale per altre startup finanziate da Breakthrough, come Nature’s Fynd[28] o Biomilq[29]. Ad esempio, Rachel Lee, co-fondatrice di Biomilq e dirigente del settore Product Management & Business Development era stata in precedenza una Strategy Officer presso BMGF, dove aveva svolto uno stage lo stesso anno in cui fu fondata la sua azienda.
Questo modello si ripete in Pivot Bio, un’altra società di Breakthrough Energy Ventures, che, per le monocolture di mais, si propone di sostituire i fertilizzanti azotati sintetici con microbi fissatori dell’azoto ingegnerizzati per mezzo della biologia sintetica. L’azienda ha ricevuto un investimento di 70 milioni di dollari da Breakthrough nel 2017 e un successivo investimento[30] di 100 milioni di dollari nell’estate del 2020. Tutti i massimi dirigenti di questa azienda sono ex dirigenti di DuPont o Monsanto. Ad esempio, il CTO ha trascorso 30 anni in DuPont e DuPont Pioneer sviluppando oli di semi industriali; il vice presidente della sezione Regulatory and Government Affairs ha trascorso 27 anni in DuPont come ex capo degli affari governativi e leader dei negoziati commerciali; il vicepresidente dello sviluppo del prodotto ha lavorato per 37 anni presso la Monsanto; il vicepresidente delle comunicazioni ha guidato in passato il team di comunicazione globale per DuPont Pioneer; il vicepresidente delle operazioni commerciali ha promosso l’adozione delle biotecnologie mentre lavorava per il reparto marketing di DuPont e DuPont Pioneer. Infine, Cooper Rinzler, che è sia direttore di Pivot Bio sia membro del consiglio di amministrazione di Breakthrough Energy Ventures.
Al di là dei molteplici problemi derivanti dallo sviluppo e applicazione di prodotti derivati dalla biologia sintetica nei settori del cibo e nell’agricoltura, la fuga dei dirigenti provenienti dalle multinazionali dell’agricoltura industriale verso le nuove startup biotecnologiche è un chiaro sintomo di come si stia delineando la prossima fase della concentrazione dell’agricoltura industriale e dell’espansione del mercato verso quelle soluzioni definite ‘climate-smart‘, che in realtà non hanno nulla di smart o sostenibile. Soprattutto considerando che i rappresentanti delle stesse aziende che hanno perseverato nel negare gli effetti dannosi di certe “innovazioni” in campo alimentare e agricolo, ora ci stanno vendendo soluzioni altrettanto rischiose, miopi e non testate per i problemi che le loro stesse aziende hanno creato. Per non parlare dell’ovvio ripetersi di uno schema di evidenti conflitti di interesse presenti in questo settore “incestuoso”. Questo è il motivo per cui non sorprende che la Breakthrough Energy Ventures si avvalga anche di un dipartimento dedicato alle soluzioni politiche[31]. Breakthrough non si considera solo un’impresa di investimento privato, ma si occupa attivamente a sostenere politiche che assicurino un mercato alle proprie innovazioni. Inoltre, in linea con la strategia di Gates di plasmare l’opinione pubblica attraverso i media, è in fase di sviluppo anche un nuovo programma per il giornalismo, diretto dall’ex giornalista del Wall Street Journal Amy Harder. Mentre questi aspetti vengono intenzionalmente messi in ombra, l’industria legata alle “diete a base vegetale”, pubblicizzate come “climate-smart” e “sostenibili”, sta iniziando a crescere in modo esponenziale.
La falsa promessa del cibo artificiale
Una delle campagne più recenti di Gates riguarda la sua “prescrizione” per combattere il cambiamento climatico, secondo cui gli abitanti dei paesi sviluppati dovrebbero alimentarsi di cibi sintetici. In una recente intervista al MIT Technology Review[32], Gates ha dichiarato che, a suo parere, “tutti i paesi ricchi dovrebbero passare al 100% alla carne di manzo sintetica”. Il cibo artificiale sostituisce i prodotti animali con alimenti altamente trasformati coltivati in laboratorio, come carne, latticini o uova artificiali. Cio’ e’ reso possibile attraverso varie innovazioni tecniche come, ad esempio, la biologia sintetica, che implica la riconfigurazione del DNA di un organismo per creare qualcosa di completamente nuovo. Ad esempio, aziende produttrici di carne sintetica a base vegetale come Beyond Meat e Impossible Foods utilizzano una sequenza di codifica del DNA da semi di soia o piselli per creare un prodotto che assomiglia alla carne e ha sapore della carne vera. Alcune aziende stanno investendo anche nella carne[33] coltivata su base cellulare, che viene prodotta a partire da vere cellule animali, ma questa non è ancora arrivata sul mercato.
Sempre più aziende sono coinvolte in questo mercato in rapida crescita, come ad esempio: Motif Foodworks (alternative a base di carne e latticini a base vegetale), Ginkgo Bioworks (microbi ‘costruiti’ su misura), BioMilq (latte materno coltivato in laboratorio), Nature’s Fynd (carne e latticini da funghi coltivati), Eat Just (sostituti delle uova a base di proteine vegetali), Perfect Day Food (prodotti lattiero-caseari coltivati in laboratorio) o NotCo (prodotti animali di origine vegetale realizzati attraverso l’intelligenza artificiale), solo per citarne alcuni. Anche i giganti dell’industria della carne stanno approfittando di questo mercato fiorente. Produttori di carne come Tyson Foods (che ha investito in Memphis Meats e Future Meat Technologies, entrambe aziende produttrici di sostituti della carne coltivati in laboratorio), Nestle, Cargill, Maple Leaf Foods o Perdue Farms stanno prosperando su questa tendenza, vendendo prodotti come salsicce, hamburger, e carne macinata in gran parte a base di piselli o proteine della soia. Tutte queste società sono supportate da miliardari di alto livello e investitori Big Tech. Bill Gates da solo ha investito 50 milioni di dollari in Impossible Foods e finanzia attivamente Beyond Meat, Ginkgo Bioworks e BioMilq, come descritto sopra.
Il perpetuarsi di pratiche ecologicamente dannose
I sostenitori del cibo artificiale affermano che si tratta di una vera soluzione al cambiamento climatico e che risolve il problema del degrado ambientale, eliminando allo stesso tempo le preoccupazioni sul benessere degli animali. Ad esempio, Impossible Foods[34] dichiara che la sua carne di origine vegetale necessita del 96% in meno di terra, dell’87% in meno di acqua e che emette l’89% in meno di gas serra rispetto ai prodotti animali convenzionali. In realtà, il cibo artificiale ha un’impronta ecologica maggiore rispetto a proteine vegetali meno elaborate[35]. Le emissioni di gas serra (GHG) prodotte da questi sostituti vegetali sono fino a sette volte superiori rispetto a quelle prodotte dalla coltivazione di legumi integrali. La produzione di carne coltivata su base cellulare emette anche più GHG rispetto a prodotti animali, come la carne di maiale o il pollame. Ricerche recenti suggeriscono addirittura che a lungo termine l’impatto ambientale della carne coltivata in laboratorio potrebbe essere superiore a quello del bestiame stesso[36].
Inoltre, il cibo artificiale viene pubblicizzato come “ecologico”, nonostante sia prodotto con proteine provenienti da piselli, soia o mais coltivati in monocolture su larga scala industriale, dove si fa ampio uso di pesticidi tossici e, spesso, anche di semi ogm. L’ Impossible Burger viene prodotto con soia ogm trattata con Roundup, che comporta una massiccia devastazione ecologica[37]. I livelli totali di glifosato rilevati nell’Impossible Burger dai laboratori dell’Istituto di ricerca Health Research Institute Laboratories corrispondono a 11,3 punti percentuali, il che rende il suo consumo altamente pericoloso[38] poiché solo 0,1 punti percentuali di glifosato possono distruggere i batteri intestinali, danneggiare organi vitali come fegato e reni, causare anomalie riproduttive o persino tumori, visto che il glifosato è stato anche definito un “probabile cancerogeno”[39]. Più in generale, la dipendenza dai pesticidi è direttamente collegata a problemi di salute cronici a lungo termine, per consumatori e agricoltori[40].
Altre aziende come Beyond Meat, che commercializzano i loro prodotti come “puliti” poiché privi di ingredienti geneticamente modificati, ammettono di non utilizzare prodotti biologici[41], il che comporta quindi il dover fare affidamento su monocolture e pesticidi. Ironia della sorte, queste alternative vegetali alla carne, che affermano di poter salvare animali, acqua e ambiente, stanno invece contribuendo direttamente ad un sistema alimentare che minaccia la biodiversità globale[42], attraverso la distruzione della fauna selvatica, l’alterazione dei suoli e l’inquinamento delle falde acquifere sotterranee[43]. Inoltre, le catene di approvvigionamento delle aziende produttrici di “cibo finto” comportano l’utilizzo di mezzi di trasporto alimentati con combustibili fossili[44], come del resto accade per la maggior parte degli alimenti industriali.
L’impatto degli alimenti artificiali iper-elaborati sulla salute
Il cibo artificiale non è solo dannoso per l’ambiente, ma può anche danneggiare la salute umana. I sostituti della carne a base vegetale potrebbero avere una serie di effetti[45] negativi a lungo termine sulla salute, poiché sono altamente elaborati e contengono ingredienti come proteine isolate di pisello e olio di colza.
Questi prodotti contengono anche nuovi additivi ottenuti attraverso la biologia sintetica. Ad esempio, per far sembrare che l’Impossible Burger “sanguini” come carne vera, viene aggiunta una molecola “heme” estratta dalla leghemoglobina di soia, un colorante prodotto da lievito geneticamente modificato. Secondo il Center for Food Safety, la Food and Drug Administration degli Stati Uniti non ha condotto sufficienti test a lungo termine prima di approvare l’additivo colorante nel 2019[46]. Inoltre, uno studio a breve termine sui ratti[47], ha rilevato diversi potenziali effetti negativi come cambiamenti nell’aumento di peso e cambiamenti nel sangue indicativi di infiammazione o malattia renale, interruzioni del ciclo riproduttivo e possibili segni di anemia. Nonostante la mancanza di prove sulla sicurezza dell’additivo, i prodotti Impossible Foods contenenti heme geneticamente modificato vengono ora venduti nei supermercati degli Stati Uniti, interruzioni del ciclo riproduttivo e possibili segni di anemia. Nonostante la mancanza di prove che l’additivo sia sicuro, i prodotti di Impossible Foods contenenti eme geneticamente modificato sono ora venduti nei supermercati di tutti gli Stati Uniti, a dimostrazione di un approccio normativo deregolamentare che privilegia il profitto e l’influenza delle multinazionali a scapito della salute pubblica.
L’intero processo di isolamento delle proteine vegetali comporta anche conseguenze pericolose per la salute umana[48]. Nella soia si trovano molti antinutrienti che possono produrre effetti nocivi per la salute, come disturbi digestivi, squilibri ormonali, malattie autoimmuni, obesità, disturbi digestivi, patologie neurologiche o reazioni immunologiche. In particolar modo le proteine di soia e pisello che vengono utilizzate nella maggior parte delle carni a base vegetale, vengono trattate pesantemente a temperature molto elevate, attraverso procedimenti chimici di estrazione e isolamento delle proteine, nonché tramite alterazioni genetiche, che generano composti che non si trovano naturalmente negli alimenti.
Infine, i prodotti artificiali a base vegetale sostitutivi dei prodotti di origine animale sono privi di numerosi principi nutritivi presenti invece nei normali prodotti di origine animale. Ad esempio, il latte prodotto in laboratorio, come BioMilq, non può “cambiare” in risposta al bisogno del bambino, come invece può fare il vero latte materno. Non contiene ormoni o batteri provenienti dal bioma della madre e, cosa più importante, non fornisce quegli anticorpi[49] che sono vitali per i bambini.
Le carni di origine vegetale, invece, non soddisfano i requisiti nutrizionali che vengono invece soddisfatti dai normali alimenti di origine animale. La semplice aggiunta alle diete di proteine, vitamine e minerali isolati non conferisce gli stessi benefici[50] per la salute rispetto a quando questi nutrienti vengono ingeriti come cibi integrali, che contengono migliaia di composti che agiscono in sinergia. Gli hamburger a base vegetale non possono essere considerati più salutari dei prodotti[51] di origine animale, inclusa la carne rossa.
I brevetti: come trarre profitto dalla natura
Lungi dal porre fine al cambiamento climatico o alla fame nel mondo, i brevetti sulle tecniche di produzione di cibo artificiale rappresentano l’ennesimo strumento nelle mani di multinazionali e investitori miliardari per generare profitto. Almeno 20 brevetti[52] sono già stati assegnati a Impossible Foods, mentre più di 100 ulteriori brevetti sono stati depositati[53] per altri tipi di alimenti artificiali, come il pollo o il pesce.
Non c’è da stupirsi del fatto che grandi aziende attive nel settore dello sviluppo di varietà vegetali come Bayer vedano una grande opportunità nel boom dell’industria di prodotti a base vegetale[54]. In occasione di un evento per gli investitori del 2019 in Missouri, Bob Reiter, a capo della ricerca e sviluppo di Bayer presso Crop Science Division, ha affermato che le aziende produttrici di carne a base vegetale “si stanno rifornendo di diversi tipi di colture e ciò potrebbe rappresentare un’opportunità anche per noi, dal momento che siamo un’azienda specializzata nella selezione dei vegetali”.
La logica dei brevetti riduce anche gli animali e la natura a una “tecnologia migliorabile”, come ha detto Pat Brown, CEO e fondatore di Impossible Foods. Secondo lui[55], “gli animali non sono altro che la tecnologia che abbiamo usato finora per produrre carne”. Questo significa che possono essere semplicemente sostituiti da tecnologie più efficienti come il cibo artificiale. Il cibo finto separa l’uomo dalla natura e il cibo dalla vita. Invece dovremmo pensare al di là dei nostri bisogni strettamente umani e capire i bisogni dei sistemi ecologici in cui siamo incorporati. Non possiamo affrontare la pressante crisi ambientale senza trasformare il nostro rapporto con la natura.
Il ruolo dimenticato dell’agricoltura rigenerativa
Il cibo artificiale trasferisce il potere politico dagli agricoltori biologici e dai mercati locali alle aziende biotecnologiche. Non tiene conto delle conoscenze locali e indigene e delle diverse culture alimentari che si sono evolute insieme ai diversi ecosistemi. Inoltre, ignora completamente le soluzioni offerte dal crescente movimento dell’agricoltura rigenerativa. Mentre le preoccupazioni riguardo la produzione industriale di carne sono legittime, le pratiche di pascolo rigenerativo[56] possono effettivamente migliorare la biodiversità, la salute dei suoli e sequestrare attivamente il carbonio nel suolo[57], attraverso la cura della vegetazione e dei terreni. Tali modelli hanno il potenziale per contribuire sostanzialmente a mitigare il cambiamento climatico[58], o almeno a non esacerbarlo ulteriormente, oltre a contribuire al recupero dei suoli danneggiati e rallentare i processi di desertificazione.
Ciò significa che, in alcuni casi, la carne di animali alimentati su pascolo, o comunque con erba, può avere un’impronta ecologica inferiore rispetto agli hamburger di origine vegetale. Studi di Quantis International hanno dimostrato un +3,5 emissioni di CO2-eq/per kg[59] di prodotto nell’analisi del ciclo di vita dell’Impossible Burger, contro −3,5 CO2-eq/per kg[60] per la carne bovina prodotta utilizzando pratiche di pascolo rigenerativo. Il che significa che nel corso del ciclo di vita dell’animale la quantità di carbonio sequestrata è stata superiore rispetto alla quantità di carbonio emessa.
I sostenitori del cibo artificiale e i relativi investitori sono incapaci di vedere come i veri problemi risiedano nel modello di agricoltura industriale, piuttosto che nella sola produzione di carne. Il che indicherebbe chiaramente come, al fine di garantire un ambiente più sano e la sovranità alimentare su scala globale, sia necessario implementare pratiche agroecologiche e basate sulla biodiversità[61].
Il cibo artificiale è una falsa soluzione, che mira a sostituire il consumo di carne senza mettere in discussione il sistema industriale alimentare e agricolo capitalista finalizzato fondamentalmente al profitto. Questa mentalità spiega perché presto vedremo gli hamburger Beyond Meat nei menu[62] vegetali di McDonald, quando dovremmo invece concentrarci sulla necessità di una vera agricoltura rigenerativa e di un cambiamento sistemico per proteggere la natura e la salute delle persone.
La biodiversità e l’agroecologia sono le vere soluzioni al cambiamento climatico
Il cambiamento climatico e le sue concrete conseguenze non possono essere pienamente affrontati senza riconoscere il ruolo centrale del sistema alimentare industrializzato e globalizzato nel creare la crisi climatica, che contribuisce per una percentuale tra il 44% e il 57% del totale delle emissioni di gas serra, attraverso la deforestazione, gli allevamenti intensivi, gli imballaggi in plastica e alluminio, i trasporti a lunga distanza e lo spreco alimentare[63]. L’ulteriore industrializzazione, la globalizzazione e ora la digitalizzazione promossa dalla Bill & Melinda Gates Foundation comportano un rischio diretto di aumento del contributo del sistema agroalimentare globale alle emissioni di gas serra, a causa di un’ulteriore incentivazione delle sementi commerciali, dell’ utilizzo di prodotti chimici tossici, del consumo di acqua, dell’impiego di colossali attrezzature agricole che consumano gas, e di un sistema di trasporto e produzione globale enormemente vasto e basato sui combustibili fossili. Per non parlare del fatto che, come si è reso evidente durante le chiusure iniziali per il contenimento della pandemia del Coronavirus nel 2020, questi sistemi alimentari globalizzati e industrializzati sono significativamente più vulnerabili alle crisi, che il cambiamento climatico sta già accelerando. Una profonda riflessione sul modo in cui produciamo il cibo dovrebbe svolgere un ruolo importante nel dibattito sulla riduzione delle emissioni di gas serra e sull’ adattamento ai cambiamenti climatici.
Possiamo infatti scegliere di non proseguire lungo il percorso che ha già distrutto la biodiversità, le vite degli agricoltori e le economie rurali, e che ora minaccia di compromettere il nostro futuro, distruggendo il pianeta.
Specialmente alla luce del fatto che molti agricoltori in ogni parte del mondo stanno già seguendo un’altra strada, legata ad una tradizione agricola di 10.000 anni, che è stata continuamente rinnovata attraverso diversi sistemi agroecologici. Un percorso agroecologico, messo in pratica da comunità alimentari locali e diversificate in tutto il mondo, che introduce un nuovo paradigma di vita in armonia con la natura e che può indicare la via verso un futuro più ecologico.
L’agroecologia si basa su un ampio insieme di principi e include diversi modi di coltivare in modo naturale e di rinnovare la biodiversità attraverso i semi viventi, il suolo e le comunità alimentari locali. Dal seme alla tavola, senza l’uso di sostanze chimiche. La diversità di movimenti è caratterizzata dalla varietà degli attori, tra cui piccoli agricoltori, orticoltori, organizzazioni della società civile, cittadini, responsabili politici, ricercatori e organizzazioni internazionali. Le forme in cui questi movimenti si esprimono sono molteplici: l’agricoltura biologica, la permacultura, l’agricoltura biodinamica, l’agricoltura rigenerativa, l’agricoltura naturale nella visione di Masanobu Fukuoka[64], le filiere alimentari locali/a chilometro zero, i modelli cooperativi di produzione e consumo, l’agricoltura supportata dalla comunità (CSA), i mercati contadini, i biodistretti, gli orti comunitari e scolastici, le fattorie urbane, le banche dei semi comunitarie[65], i movimenti slow food e di riscoperta dei cibi tradizionali e dimenticati[66], oltre alle centinaia di migliaia di tradizioni agricole locali che si sono evolute nel corso dei millenni. Tutti questi approcci adattano i metodi agroecologici ai contesti locali, per adattarsi alle esigenze, alle tradizioni e ai sistemi di conoscenza dei diversi territori. Tradizioni e approcci che mettono al primo posto la cura delle persone e della terra, e la sovranità alimentare al centro di economie alimentari circolari, cicliche, di sistemi di biodiversità, sani e sostenibili. Attraverso questi diversi metodi i piccoli agricoltori alimentano le loro comunità locali con cibo sano e nutriente, preservando allo stesso tempo la salute dell’ecosistema[67].
E’ ormai accertato come i sistemi alimentari agroecologici siano in grado di ridurre le emissioni di CO2 sequestrando attivamente i gas a effetto serra[68]. Ciò viene attuato ri-orientando le catene di approvvigionamento alimentare verso le economie alimentari locali che eliminano i metodi ad alta intensità basati sui combustibili fossili e le catene di approvvigionamento globali, sostituendoli con il riciclaggio delle risorse, con input a bassa intensità che mimano i processi di nutrizione naturali e con cicli idrologici idonei a preservare il suolo e la biodiversità[69]. Viene attuato anche migliorando il suolo attraverso l’aumento della biodiversità, che contribuisce a fissare l’anidride carbonica nel suolo, riducendo la necessità di fertilizzanti chimici e pesticidi. Suoli sani favoriscono infatti lo sviluppo di una maggiore biodiversità, riducendo la presenza di parassiti e malattie[70]. Nello specifico, è stato stimato che, attraverso una minima implementazione del sequestro di carbonio attraverso la conversione all’agricoltura agroecologica e biologica, il 40% delle emissioni di gas serra prodotte dall’agricoltura mondiale potrebbe essere ridotto, che potrebbe raggiungere il 65% nel caso di di massima implementazione[71].
Oltre a fornire una soluzione duratura al cambiamento climatico, la transizione verso sistemi alimentari e agricoli agroecologici garantirebbe anche il sostentamento di oltre 1,5 miliardi di piccoli agricoltori a livello globale, oltre a contribuire a garantire la sovranità alimentare alle popolazioni più vulnerabili del mondo. In tutto il mondo, queste comunità stanno già attuando questo percorso ecologico e democratico, diffondendo i semi di un sistema alimentare nelle mani di comunità, donne, agricoltori e consumatori. Un sistema alimentare libero dal controllo corporativo, libero da veleni, brevetti, libero dai problemi legati all’impatto ambientale degli imballaggi in plastica e dei trasporti delle merci su lunghe distanze, tipico del sistema alimentare industriale globalizzato. In risposta all’approfondirsi delle vulnerabilità ecologiche ed economiche globali, queste comunità stanno creando resilienza attraverso la rivendicazione dei propri semi, del proprio cibo e delle proprie conoscenza in quanto beni comuni.
Le soluzioni agroecologiche al cambiamento climatico si basano su un approccio sistemico che riconosce quali siano le cause di fondo delle nostre crisi, che ha una profonda comprensione dei processi vitali degli ecosistemi. Un approccio che quindi incarna una visione diversa di come potrebbe essere la trasformazione dei sistemi alimentari a livello politico, sociale ed economico. Questa effettiva trasformazione agroecologica è incompatibile con il paradigma dell’agricoltura industriale, poiché richiede un completo allontanamento dal sistema alimentare industriale iper-centralizzato e controllato dalle multinazionali.
Quindi, in realtà, le strategie di Gates non hanno nulla a che fare con salvare i poveri dalla povertà o combattere il cambiamento climatico. Non c’è niente di altruistico, modesto o “ottimista” in Gates e nella sua fondazione. Si tratta invece di un palese tentativo per accumulare potere attraverso l’imposizione ostinata di un paradigma fallimentare. Il livello di influenza accumulato da Gates, un miliardario che ammette apertamente la sua conoscenza limitata dei problemi che sta tentando di risolvere, sottrae potere alla governance democratica, e si appella alla giustizia climatica ed ecologica mediante la sostituzione delle decisioni democratiche imponendo politiche che aderiscono ai suoi capricci. Il tutto mentre usurpa l’attenzione, i fondi e gli strumenti politici necessari per una più diversificata trasformazione agroecologica.
In altre parole, Bill Gates e i suoi colleghi partner d’affari privati continueranno a causare problemi esponenzialmente peggiori di quelli che si propongono di “risolvere”, procedendo contemporaneamente a concentrare sempre più potere nelle mani di attori privati strumentalizzando il dogma della tecnologia. Le tecnologie sopra descritte vengono utilizzate come metodi di imposizione diretta, senza alcuna valutazione democratica, etica, sociale o ecologica, sostituendo nel frattempo i sistemi auto-poietici complessi, diversi, auto-organizzati della natura, e creando un nuovo livello di illusione che ci sta spingendo più velocemente verso il collasso.
Infine, stanno emergendo due distinte tendenze sul futuro del cibo e agricoltura: la prima porta alla rigenerazione del nostro pianeta, dei nostri suoli, della nostra biodiversità, della nostra acqua, delle nostre economie rurali e dei mezzi di sussistenza degli agricoltori, della nostra salute e della nostra democrazia. La seconda strada porta al collasso degli ecosistemi del pianeta e dei sistemi socioeconomici che sostengono la società. Il futuro delle diverse specie viventi, il nostro futuro comune e il nostro pane quotidiano dipenderanno dalla strada che prenderemo.
Crediti
Autori: Ruchi Shroff, Carla Ramos Cortés, Marion Bessol
Ricerca: Elisa Catalini
Traduzione: Giuseppina Crescimanno
Revisión de Traducción: Elisa Catalini, Navdanya International
Illustrazione di copertina: Marion Bessol
© Navdanya International 2021
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Riferimenti
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