Home > Notizie > i nostri articoli > L’agroindustria non ha futuro, la transizione è già cominciata

Di Vandana Shiva – L’Extraterrestre numero speciale 2018, settimanale ecologista de il manifesto, 7 dicembre 2018 | Fonte

L’evidente crisi ecologica e dei diritti che investe tutto il mondo globalizzato ci impone una riflessione urgente sul nostro futuro e su quello delle prossime generazioni. Possiamo rimanere sul percorso su cui stiamo navigando a vista da decenni ma questa soluzione porterebbe, ovviamente, all’aggravamento delle crisi interconnesse che stiamo vivendo, da quella dell’acqua, a quella del clima, a quella del cibo, a quella della democrazia. Questa strada è segnata dagli interessi dei poteri forti, del big business delle multinazionali che puntano ai profitti sul breve periodo e non sono interessate a soluzioni di lungo periodo, sostenibili e inclusive. Il movimento ambientalista internazionale deve allora unirsi e reclamare un cambio di paradigma. Un cambiamento possibile come dimostrano tantissime esperienze locali ma anche esperienze su vasta scala come quella del Sikkim, lo Stato Himalayano con cui l’organizzazione che presiedo, Navdanya, ha collaborato attivamente negli anni per raggiungere l’obiettivo del 100% biologico certificato.

Di fronte a noi ci sono dunque due strade facilmente identificabili. Le abbiamo indicate chiaramente nel recente manifesto “Food for Health”, curato da Navdanya International ed edito da Terra Nuova Edizioni. Una strada che si basa sui molteplici e diversi percorsi ecologici attraverso i quali i sistemi di alimentazione e agricoltura nelle diverse culture si sono evoluti in oltre 10.000 anni e possono continuare ad evolversi nel futuro. Si tratta di coltivare in modo naturale come co-creatori e co-produttori, nel rispetto della diversità, dei cicli ecologici della natura e dei diritti delle persone. Questa scelta si basa sul riconoscere che la rete della vita è una rete alimentare e il suo mantenimento è il primo obiettivo dell’agricoltura. La cura per la terra e per la comunità è l’investimento più importante nella rigenerazione della nostra terra degradata, del nostro cibo, della nostra democrazia.

Il diritto al cibo è un diritto fondamentale così come la sovranità alimentare. Il cibo, prodotto ecologicamente e distribuito equamente, contribuisce alla salute del pianeta e delle persone. Si tratta di un processo produttivo basato sulla diversità dei sistemi di conoscenza, inclusa la conoscenza dei sistemi viventi e delle economie locali, e sulla diversità delle economie alimentari. Questo processo produttivo si basa sulla democrazia. Diversità e democrazia creano resilienza. Nei sistemi alimentari la resilienza creata attraverso la diversità è multidimensionale. La biodiversità crea la resilienza ecologica degli ecosistemi. L’agricoltura biologica biodiversa attenua i cambiamenti climatici e contribuisce alla resilienza del clima. La biodiversità crea la capacità di recupero della salute, da suoli sani a piante sane e persone sane. Piccole fattorie con diversità creano una resilienza ecologica. Se combinate con economie circolari e cicliche locali, le piccole fattorie ecologiche creano comunità socialmente ed economicamente resilienti.

La seconda opzione è la strada senza uscita dell’agricoltura e dei sistemi alimentari industriali che ci sta conducendo al collasso degli ecosistemi e dei processi ecologici che sostengono la vita, delle economie rurali e dei mezzi di sostentamento degli agricoltori. Il modello industriale sta distruggendo tutto ciò sulla base di pseudo produttività, prezzi falsati, esternalizzazione dei costi sociali e ambientali e sui sussidi legati all’agricoltura industriale chimica. La giustificazione per l’imposizione dell’agricoltura industriale è quella che sarebbe necessaria a “sfamare il mondo”. Ma questo sistema sta trasformando il cibo in una merce tossica e mina la sovranità alimentare contribuendo sia alla fame sia all’epidemie di malattie croniche. Accelerare ulteriormente lungo questa strada senza uscita porterebbe ad una maggiore vulnerabilità ecologica, sociale, economica, politica. Se dovessimo continuare il nostro cammino di sviluppo in questa direzione saremo destinati a veder cancellare le condizioni per la vita umana sulla Terra.

Non abbiamo bisogno di continuare a percorrere la via che ha distrutto i nostri agricoltori e le economie rurali. Migliaia di comunità in tutto il mondo hanno già deciso di abbandonare la strada senza uscita e di intraprendere quella della transizione verso l’agroecologia capace di offrire una soluzione alla crisi sociale, economica ed ecologica. Per la terra, per gli agricoltori, per tutti gli esseri umani, una transizione da un sistema alimentare e agricolo industriale a un sistema ecologicamente sostenibile, sano, socialmente ed economicamente giusto, politicamente partecipativo, è diventato un imperativo.


Photo credit: USDA-NRCS photo by Catherine Ulitsky.