Di Patrizia Gentilini – Il Fatto Quotidiano, 14 maggio 2020 | Fonte
La fase 2 in cui ci troviamo, e che dovrebbe farci uscire gradualmente dall’emergenza causata da Covid-19, è particolarmente delicata e complessa e richiede non solo una attenta riflessione, ma anche partecipazione, confronto e condivisione da parte di tutti. Da più parti si levano voci sulla necessità di un cambiamento e sul fatto che “nulla torni come prima”, ma si profila il concreto rischio che il cambiamento ci sia, ma non nella direzione auspicata e che, sulla spinta della crisi economica e sociale, si facciano passi indietro sul fronte della tutela ambientale.
In momenti di crisi è infatti forte la tentazione di cercare scorciatoie che rischiano però di peggiorare ulteriormente le cose. Pessimo segnale in questo senso è, ad esempio, la recente deroga al clorpirifos, insetticida organofosforico messo al bando in Europa, perché estremamente dannoso per il neurosviluppo, ma subito riautorizzato dalla ministra Teresa Bellanova.
Se partiamo dal presupposto che anche questa pandemia, come pure le precedenti, sia il segnale della rottura del complesso e difficile equilibrio fra uomo e natura, aggravare questa frattura continuando a spargere veleni non potrà che porre le basi per ulteriori disastri, ancor più devastanti data anche la crisi climatica in atto.
Lo stretto legame fra salute e ambiente è fortunatamente sempre più percepito e a questo proposito assume grande rilievo il documento congiunto fra la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici (FNOMCeO) e l’Associazione Medici per l’Ambiente Isde Italia: Covid-19: le lezioni da imparare, gli sbagli da non fare.
Nel documento, già sottoscritto dal Gruppo Unitario per le Foreste Italiane (Gufi), Navdanya International, Federbio e altri, si elencano in modo stringato ma efficace gli errori da non ripetere e le lezioni che il Covid, nostro malgrado, ci impartisce.