Home > Publications > La biodiversità non è in vendita – L’economia della cura come alternativa alla finaziarizzazione della natura

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Rapporto completo – Scarica

Sintesi del Rapporto – Scarica

Nel nome della “conservazione” e della “protezione” della biodiversità, il settore industriale corporativo sta promuovendo sempre più intensamente la finanziarizzazione della natura. La finanziarizzazione della natura altro non è che un proseguimento dell’eredità del bio-imperialismo.. I meccanismi coinvolti, che comprendono iniziative come i crediti per la biodiversità e le Nature Asset Companies (NAC), rappresentano la versione più recente del vecchio bioimperialismo coloniale, che questa volta si maschera da ambientalismo. L’obiettivo è quello di trasformare interi ecosistemi e tutte le funzioni ecologiche della natura in unità quantificabili, in merce. A rischio sono soprattutto le aree ricche di biodiversità che spesso corrispondono alle terre ancestrali delle popolazioni indigene o delle comunità di piccoli agricoltori.

La finanziarizzazione della natura non è una soluzione, ma una continuazione degli stessi meccanismi storici di sfruttamento, mercificazione ed estrazione delle risorse naturali, che appartengono ad un paradigma più ampio di visione del mondo basato sulle idee di conquista di territori ed estrazione di risorse. L’idea della finanziarizzazione della natura non sconvolge né sfida lo status quo, non affronta né risolve gli squilibri e le ingiustizie socio-ecologiche-politiche nel mondo.

Uno degli argomenti su cui si concentra il rapporto di Navdanya International sono i crediti di biodiversità. Si tratta di un sistema che finanzia azioni a favore della biodiversità attraverso la creazione, la vendita e lo scambio di “unità” di biodiversità. Questo rapporto smaschera cinque principali false affermazioni sui crediti di biodiversità e di come essi offrano soluzioni sbagliate a problemi inesistenti.

La prima falsa affermazione è che “i crediti di biodiversità proteggeranno la biodiversità”. I crediti di biodiversità sono stati concepiti con il solo obiettivo di generare profitti, evitando accuratamente di creare azioni significative che trasformino il modello produttivo responsabile della perdita di biodiversità nel mondo. I crediti di biodiversità non proteggeranno la biodiversità.

La seconda falsa affermazione è che “i crediti per la biodiversità non sono offset”. Tanto i crediti quanto gli offset sono identici, con l’unica differenza del tipo di utilizzo. Il Green Finance Observatory sottolinea che “non esiste un uso plausibile dei crediti per la biodiversità al di fuori di quello dell’offset”.

La terza falsa affermazione sulla finanziarizzazione della natura è che “i meccanismi di mercato offrono risultati superiori rispetto alla regolamentazione tradizionale”. I mercati, però, non hanno dimostrato di proteggere la biodiversità. Oggi, l’80% della biodiversità mondiale risiede nel 22% della terre gestite dalle popolazioni indigene. Le loro economie di cura hanno superato le economie di avidità dei mercati, che hanno invece promosso la deforestazione, le monocolture e la perdita di biodiversità.

La quarta falsa affermazione è che “i crediti per la biodiversità genereranno ulteriori fonti di reddito per le popolazioni locali”. Questi programmi, invece di offrire maggiori mezzi di sostentamento, portano in realtà ad un aumento dell’accaparramento di terre, a maggiori violazioni dei diritti umani e a redditi sempre più volatili per i piccoli agricoltori.

La quinta falsa affermazione perpetrata dal settore privato e dai mercati finanziari è che “solo la finanziarizzazione salverà la biodiversità”. Si tratta di una manipolazione di stampo prettamente coloniale, che paradossalmente porta ad eradicare dai territori i piccoli agricoltori, le donne, i popoli indigeni e le molteplici culture che da sempre proteggono la biodiversità e gestiscono efficacemente la complessa rete della dei propri ecosistemi locali. Proprio quelle realtà, eredità e tradizioni, che sono di gran lunga superiori ed efficaci. Per questa ragione è fondamentale smantellare il presupposto secondo cui l’unica via da percorrere sia quella basata sugli stessi meccanismi che storicamente hanno saccheggiato e mercificato la natura.

Per affrontare davvero la crisi della biodiversità, dobbiamo trasformare radicalmente il nostro rapporto con la Terra e le sue diverse forme di vita. Rigenerare la biodiversità non è semplicemente una questione di “conservazione”. Si tratta di recuperare la nostra connessione intrinseca con la Terra, produrre cibo in armonia con la natura e nutrire gli ecosistemi che sostengono la vita. Questa è la strada della biodemocrazia. Per preservare e rigenerare veramente la biodiversità, dobbiamo provvedere al ricentramento delle economie affinché siano locali, circolari e rigenerative, in linea con i ritmi e i limiti ecologici che supportano queste relazioni simbiotiche.

Abbiamo bisogno della biodiversità per sostenere l’integrità delle funzioni sane degli ecosistemi. Siccome esiste una grande quantità di paesaggi e habitat diversi, ecologie e specie diverse, abbiamo bisogno di una varietà di modi per prendercene cura. È necessario preservare le comunità che consentono alla biodiversità di prosperare, riconoscendo e sostenendo queste culture e questi custodi dei territori che per molto tempo hanno vissuto in pace su questa Terra. Sono soprattutto le donne e i piccoli agricoltori che mantengono vivi i sistemi di biodiversità, grazie ai sistemi di conoscenza indigeni, che nascono da una profonda e lunga comprensione dei principi ecologici delle leggi della natura e della sostenibilità ecologica. Queste conoscenze appicate hanno saputo assicurare la sopravvivenza delle popolazioni e assicurare sistemi di vita sani nel corso dei secoli.

La difesa della biodiversità è oggi più importante che mai, poiché rappresenta la difesa del nostro rapporto con la vita stessa.


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