Di Ruchi Shroff – LifeGate,1 agosto 2017 | Fonte
La senape geneticamente modificata, se approvata, diventerebbe il primo ogm nella catena alimentare indiana. Per questo, la battaglia non riguarda solo l’India, bensì tutto il mondo.
Mentre le lobby dell’industria agrochimica continuano a esercitare forti pressioni sulle istituzioni per accelerare l’approvazione della senape geneticamente modificata (ogm) in India, i movimenti della società civile e gli agricoltori sono scesi in campo per opporre resistenza a questo nuovo prodotto dell’ingegneria genetica. Se approvata, la senape geneticamente modificata diventerebbe il primo ogm presente nella catena alimentare indiana, con gravi conseguenze sociali, sanitarie e ambientali.
Se approvata, la senape geneticamente modificata diventerebbe il primo ogm presente nella catena alimentare indiana
L’introduzione della senape ogm rappresenterebbe una minaccia per le economie locali di sussistenza dei piccoli agricoltori e presenterebbe un alto rischio di contaminazione per il germoplasma di una coltura che trova, in India, un importante centro di diversità vegetale. La senape ogm presenta potenziali conseguenze negative anche per le api. Gli agricoltori esprimono inquietudine riguardo l’impatto del polline della senape ogm sulla qualità del miele e le possibili ricadute sulla produzione e l’esportazione. Gli agricoltori e la società civile sono preoccupati che l’eventuale approvazione apra le porte a decine di altri prodotti alimentari ogm: le colture ogm resistenti all’erbicida Liberty link della Bayer sono solo due delle principali colture resistenti a erbicidi a base di glufosinato.
Il caso della senape ogm in India
La lotta contro la commercializzazione della senape ogm (Dmh11) in India si sta dunque intensificando e la resistenza sta crescendo in ogni angolo del paese. A maggio centinaia di agricoltori e attivisti si sono raccolti davanti ai cancelli dell’ufficio del ministero dell’Ambiente a Delhi mentre i principali sindacati degli agricoltori hanno scritto al ministro Harsh Vardhan chiedendo espressamente il rifiuto della senape ogm. Vardhan è anche ministro della Scienza e tecnologia ed è stato tra i finanziatori del progetto di sviluppo della senape ogm. E sarà proprio lui che prenderà la decisione finale in merito all’approvazione, in uno scenario in cui chiaramente si evidenziano conflitti d’interesse. La resistenza sociale nei confronti della presa di potere da parte delle multinazionali sta dunque crescendo a livello locale. Mentre le multinazionali e le loro lobby, come Able in India, hanno alzato la posta sull’approvazione della senape ogm, cinque importanti Stati indiani, inclusi quelli in cui la senape viene intensamente coltivata, hanno messo le mani avanti, vietando la coltivazione della senape geneticamente modificata. L’ultimo Stato a prendere posizione è il Rajasthan, che ha dichiarato ufficialmente che non permetterà la coltivazione della senape ogm anche in caso di approvazione da parte del governo federale. Una presa di posizione auspicabilmente decisiva, considerato che ben il 46 per cento della senape indiana proviene proprio dal Rajasthan.
Lo stato indiano del Rajasthan ha dichiarato ufficialmente che non permetterà la coltivazione di senape ogm, anche in caso di approvazione dal governo centrale (Foto: Reuters)
Non è la prima volta che la senape indiana è minacciata. Nel 1998 gli oli tradizionali indiani per uso alimentare, prodotti con senape, cocco, sesamo, lino e arachidi in mulini artigianali con pressatura a freddo, vennero vietati con pretesti legati alla sicurezza alimentare. Contemporaneamente, le restrizioni all’importazione di olio di soia furono rimosse. Un milione di mulini artigianali da olio furono chiusi, mentre migliaia di tonnellate di olio di soia ogm a basso prezzo continuano ad essere distribuiti in tutta l’India. Lo scorso anno, più di 124 gruppi di agricoltori, scienziati, giuristi e attivisti, si sono uniti per organizzare un’assemblea popolare estesa a tutta l’India e per lanciare una campagna di distribuzione capillare attraverso tutto il paese, lavorando allo stesso tempo con gli agricoltori sulle pratiche di agricoltura ecologica con semi locali e organizzando festival e dibattiti per celebrare la senape tradizionale ed invitare i cittadini ad unirsi alla disobbedienza civile. Mentre si consolida la resistenza contro l’imposizione della senape ogm, è infatti importante salvaguardare e propagare le varietà di senape indigena.
Il futuro del sistema agricolo e alimentare mondiale
L’opposizione dei movimenti della società civile indiana all’approvazione e commercializzazione della senape ogm non rappresenta un problema ristretto all’uso di uno strumento tecnologico in una determinata area del mondo ma riguarda piuttosto una questione globale: quale futuro vogliamo per il nostro sistema agricolo e alimentare in ogni parte del mondo.
L’introduzione di specifiche colture ogm in aree riconosciute come centri di biodiversità di quelle stesse specie vegetali pone interrogativi allarmanti sul problema della contaminazione del germoplasma e rappresenta una minaccia per il futuro della biodiversità a livello globale. Nel rapporto di Greenpeace del 2003 intitolato Maize under threat, Ge maize contamination in Mexico (Il mais minacciato, la contaminazione da mais ogm in Messico), si afferma che “la contaminazione ogm nei centri di biodiversità vegetale è una minaccia a livello globale e bisogna attuare misure di protezione urgenti per garantirne l’integrità. Non ci possiamo permettere di lasciare che le fonti primarie di approvvigionamento vengano contaminate irreversibilmente”.
La lotta agli ogm in tutto il mondo
Così come la grande diversità di varietà di senape è al momento minacciata in India, anche in altre parti del mondo da diversi anni sono in corso accesi dibattiti politici e mobilitazioni popolari per contrastare problematiche simili. In Messico è in corso una battaglia decennale da parte di Monsanto e altri esponenti dell’industria agrochimica per imporre il mais ogm sul territorio. Nel 2012, a fronte dell’ennesima richiesta di autorizzazione alla coltivazione e commercializzazione di mais ogm da parte di Monsanto, una coalizione messicana di scienziati, la Unión de científicos comprometidos con la sociedad (Uccs), ha pubblicato una dichiarazione e lanciato una campagna internazionale di resistenza.
In Messico è in corso una battaglia decennale da parte delle grandi multinazionali per imporre il mais ogm sul territorio
La dichiarazione afferma che “il Messico non solo è l’area in cui il mais è stato sviluppato, ma rappresenta anche uno dei pochi centri di origine e diversità genetica da cui il mondo intero ha ottenuto la base per sviluppare e adattare nuove varietà in grado di contrastare epidemie, condizioni climatiche particolari ed estreme”. In riferimento e a supporto della dichiarazione l’Etc group [un gruppo che affronta tematiche ambientali e socioeconomiche legate alle nuove tecnologie che potrebbero avere un impatto sulla popolazione più povera e vulnerabile del mondo, ndr.] ha definito la possibile autorizzazione da parte del governo messicano “un crimine di dimensioni storiche”. “La contaminazione genetica delle varietà tradizionali originarie – si legge nel comunicato – sarebbe inevitabile; stiamo parlando di un danno irreversibile ai settemila posti di lavoro delle popolazioni indigene e dei piccoli agricoltori locali che hanno reso il mais una delle tre colture maggiormente consumate nel mondo”.
La vittoria contro la melanzana ogm in India
Dalla sua approvazione nel 2013 in Bangladesh, la coltivazione della melanzana ogm (Bt brinjal) è stata fortemente criticata. Farida Akhtar, fondatrice di Ubinig, una ong del Bangladesh impegnata nella conservazione della biodiversità dei semi di varietà tradizionali locali, ha spiegato come il Bangladesh sia un centro di origine di più di cento varietà di melanzana: “Queste varietà – ha sottolineato l’attivista – sono ora a rischio a causa della contaminazione genetica tramite impollinazione indiretta”.
In India, la coltivazione della stessa melanzana ogm è stata bloccata nel 2010. I movimenti popolari e numerosi scienziati indipendenti avevano allora espresso forte preoccupazione sull’irreversibilità e facilità del processo di contaminazione indiretta tra varietà di melanzana tradizionale e ogm. La corte suprema raccomandò una moratoria di dieci anni anche su qualunque tipo di esperimento in campo aperto e un comitato tecnico consultivo raccomandò un divieto di coltivazione “di tipi di colture ogm, quali il riso, la melanzana e la senape, per le quali l’India è un ‘centro di origine’ della diversità”.
Secondo Vandana Shiva le donne sono fondamentali nell’agricoltura perché “hanno conservato capacità e conoscenze per la conservazione della biodiversità e per il mantenimento e lo sviluppo di un’economia basata proprio su di essa” © Aamir Qureshi/Getty Images
L’unica coltura ogm attualmente coltivata in India è il cotone. L’esperienza con la coltivazione di questo cotone negli ultimi quindici anni ha evidenziato le falsità propagandate in fase promozionale sugli ogm e la devastazione causata alla vita dei contadini e alla biodiversità. Ad oggi circa sette milioni di agricoltori, circa il 97 per cento delle aree in cui si coltiva il cotone, hanno adottato il cotone Bt. I parassiti, per cui il cotone è stato modificato geneticamente per resistervi, sono diventati a loro volta più resistenti tanto da portare a un forte aumento dell’uso di sostanze chimiche nelle coltivazioni.
Non contro la tecnologia, ma per un dibattito democratico
La storia potrebbe ripetersi. Il fatto che la senape ogm sia un prodotto resistente a erbicidi a base di glufosinato, un prodotto chimico che causa danni al sistema nervoso e al cervello, è stato accuratamente tenuto nascosto all’opinione pubblica. La senape viene comunemente usata come medicinale ed è presente in qualsiasi cucina dell’India. Se il prodotto è resistente all’erbicida, maggiori residui di questo saranno, di conseguenza, presenti nella pianta. La battaglia degli agricoltori e dei movimenti non è, dunque, contro la tecnologia. Il paese reclama piuttosto un dibattito democratico sui sistemi agricoli e alimentari, sulla protezione della biodiversità, sulla salute della gente e sulla sussistenza dei contadini. Le decisioni sulla qualità del cibo e sulle sue modalità produttive non possono essere lasciate nelle mani di oscuri comitati che hanno legami evidenti con l’industria biotecnologica, ma che sono totalmente sconnessi dai processi democratici che dovrebbero rappresentare le basi della nostra vita e dell’accesso al cibo. I movimenti chiedono, dunque, un’inchiesta di alto livello al fine di fare chiarezza sui legami tra istituzioni e il cosiddetto cartello dei veleni, composto dalle maggiori multinazionali del settore.