Di Manlio Masucci, Navdanya International – L’Extraterrestre, settimanale ecologista de Il Manifesto, 20 gennaio 2022 | Fonte
Le multinazionali dell’agribusiness stanno cercando di infiltrarsi con sempre maggiore decisione nel sistema delle Nazioni Unite. L’abbiamo già visto accadere, in particolare in occasione del recente Forum sui sistemi alimentari (Unfss) di New York. Un evento che ha sollevato proteste e indignazione da parte di movimenti ambientali e di agricoltura contadina in tutto il mondo proprio perché ha reso evidente i reali interessi dei grandi conglomerati agroindustriali. L’ennesimo capitolo della saga, si è svolto lo scorso mese di dicembre a Roma, quando una petizione con più di 187.300 firme è stata presentata al direttore generale della Fao, Qu Dongyu, chiedendo di porre fine alla partnership con CropLife International, un’associazione che rappresenta le maggiori compagnie agrochimiche del mondo.
La Fao, l’organizzazione che in seno alle Nazioni Unite dovrebbe occuparsi di sostenibilità ambientale e alimentare, ha dunque pensato bene che per poter raggiungere tali importanti obiettivi sia necessario stringere alleanze con un’organizzazione che rappresenta i vari Bayer, Syngenta, Corteva Agriscience, Fmc e Sumitomo che basano i loro affari sulla vendita di pesticidi. «Stime recenti – si legge nella petizione – mostrano che ci sono 385 milioni di casi di avvelenamento acuto da pesticidi ogni anno, rispetto ai 25 milioni stimati nel 1990. Questo significa che circa il 44% degli agricoltori e dei lavoratori agricoli di tutto il mondo sono avvelenati ogni anno da un’industria dominata dai membri di CropLife. I prodotti pesticidi prodotti dalle aziende associate a CropLife decimano le popolazioni di impollinatori e stanno distruggendo la biodiversità e i già fragili ecosistemi». Secondo i promotori della petizione il vero e unico scopo di CropLife è quello di sostenere l’uso dei prodotti dei suoi membri, ovvero pesticidi e semi geneticamente modificati.
È il sistema già collaudato della rivoluzione verde, che ha condotto ad un’escalation dell’uso dei pesticidi e ha minato la sovranità alimentare delle popolazioni attraverso i sistemi di proprietà intellettuale sui semi brevettati. La partnership con CropLife significa perpetrare un sistema che ha già manifestato, nel corso di oltre cinquant’anni di applicazione, la sua iniquità e la sua insostenibilità. Quella della Fao è una scelta «profondamente inappropriata», secondo Pesticide Action Network, Friends of the Earth, SumOfUs e il Center for International Environmental Law, promotori della petizione, che segue le lettere di appello presentate da oltre 350 organizzazioni internazionali della società civile, dei popoli indigeni e di 250 scienziati e accademici lo scorso anno, dopo la firma dell’accordo di partenariato tra la Fao e CropLife nell’ottobre del 2020.
La decisione strategica della Fao è molto preoccupante perché denota un approccio che va in una direzione diametralmente opposta alle richieste degli agricoltori biologici e dei consumatori che stanno chiedendo a gran voce una transizione ecologica verso modelli produttivi meno impattanti e di consumo più salubri. Una richiesta che potrà essere soddisfatta solo cambiando il modello produttivo industriale e restituendo dignità e lavoro ai piccoli e medi produttori agroecologici. Circa un terzo delle vendite di queste aziende sono rappresentate da pesticidi altamente pericolosi (Hhp), o pesticidi che pongono i massimi livelli di rischio per la salute e l’ambiente.
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