Di Vandana Shiva – Pressenza, 19 settembre 2022 | Fonte
Rigenerare la biodiversità nelle nostre aziende agricole, foreste e nel nostro microbioma intestinale per gli obiettivi Fame Zero e Benessere per Tutti
La Madre Terra è auto-organizzata. La Madre Terra ha creato e sostenuto la diversità.
La rete della vita è una rete di diversità, intessuta mediante il flusso della nutrizione.
Il colonialismo ha trasformato la Madre Terra, nota anche come Vasundhara, Pachamama o Terra Madre, in Terra Nullius, ossia Terra Vuota. La nostra terra viva e generosa, ricca di biodiversità e diversità culturale, è stata ridotta a una Terra Vuota. Le popolazioni delle terre colonizzate si sono viste negare la propria umanità per giustificare l’appropriazione delle loro terre, delle loro case e delle loro risorse. La biodiversità della terra è scomparsa nelle menti degli uomini che hanno ridotto la terra a una proprietà privata da possedere e all’estrazione delle materie prime.
La monocultura coloniale della mente ha separato le persone dalla terra, le foreste dai terreni agricoli, i semi dal cibo, il cibo dalla biodiversità e la salute dalla nutrizione per massimizzare i profitti attraverso l’estrattivismo. Gli abitanti delle culture colonizzate e la biodiversità di piante e animali sono state trattate come oggetti, schiavizzate e trasformate in proprietà da possedere.
Il paradigma industriale e coloniale non poteva tollerare la diversità e l’auto-organizzazione e ha ridefinito come “selvaggio” un luogo o una regione disabitata e non coltivata dagli esseri umani.
Si tratta chiaramente di una definizione errata. Oggi, i luoghi e gli ecosistemi riconosciuti come “selvaggi” sono quelli nei quali le popolazioni indigene tutelano la natura, la terra e la biodiversità.
Sul 22% della terra rimasta sotto la tutela dei custodi e guardiani originari, le popolazioni indigene proteggono l’80% della biodiversità.
Un luogo selvaggio non è caratterizzato dall’assenza di esseri umani, ma dalla presenza amorevole e compassionevole di comunità che hanno a cuore quel luogo.
Un luogo selvaggio è l’opposto delle monocolture colonizzate, limitate, controllate, sfruttate, manipolate e dell’uniformità.
Un luogo è selvaggio quando gli esseri umani che lo popolano collaborano con la natura, migliorando la biodiversità e la diversità culturale attraverso la creatività condivisa e rispettando l’integrità e lo spazio ecologico di tutti gli esseri viventi.
Un luogo selvaggio è auto-organizzato e autoregolato. Vivere in un luogo selvaggio significa vivere come parte integrante della natura, non nell’illusione di essere separati dalla natura e di esserne i padroni e i proprietari. Vivere in luogo selvaggio significa vivere secondo le modalità della natura.
Le società e le culture selvagge rispettano l’integrità di tutti gli esseri viventi, la sovranità di tutte le culture e di tutti i popoli e migliorano il benessere di tutti attraverso la cooperazione, la sovranità, la reciprocità e la simbiosi. E poichè la rete della vita è una rete alimentare, rinaturalizzare il cibo è il primo e più significativo passo da fare per rinaturalizzare la terra, rispettandone i diritti e rinnovando la sua biodiversità, la sua auto-organizzata libertà e i suoi diritti.
Per rigenerare la biodiversità e fornire più cibo a più specie e più persone in modo che nessuno abbia fame, che nessuno sia malnutrito, che nessuno si ammali di malattie croniche, dobbiamo rinaturalizzare la nostra mente, il nostro cibo e i nostri sistemi alimentari.
Come sottolinea Albert Howard a proposito dell’agricoltura indiana e cinese, nel suo I Diritti della Terra:
“Nell’agricoltura asiatica ci troviamo di fronte a un sistema di agricoltura contadina che, in sostanza, si è ben presto stabilizzato. Ciò che sta accadendo oggi nei piccoli campi agricoli dell’India e della Cina è avvenuto molti secoli fa. Per cui non è necessario studiare i documenti storici o visitare i resti dell’agricoltura megalitica delle Ande. Le pratiche agricole dell’Oriente hanno superato la prova suprema: sono permanenti quanto quelle della foresta rivale, della prateria o dell’oceano.”
Gestire l’agricoltura come la foresta vuol dire rinaturalizzare
La silvicoltura coloniale ha separato le foreste dai terreni agricoli e ha ridotto le foreste a miniere di legname monocolturali, prive di persone e senza cibo. Le foreste sacre sono scomparse. Le foreste comunitarie sono scomparse. La biodiversità e le sue funzioni ecologiche sono scomparse.
Se da una terra non era possibile estrarre ricavi e profitti, essa veniva dichiarata dagli inglesi come terreno incolto, anche se le foreste erano ricche di biodiversità, le comunità locali si sostenevano con il cibo proveniente dalle foreste e dalle acque e le foreste svolgevano una funzione ecologica di tutela dai cicloni. Le foreste di mangrovie di Sundarbans, in India, sono state inserite nell’elenco dei terreni incolti degli archivi britannici.
I terreni agricoli che avevano più alberi delle foreste furono trasformati in monocolture della Rivoluzione Verde per massimizzare i profitti.
Le piante sono state manipolate per adattarsi più rapidamente all’apporto esterno di fertilizzanti chimici e poi geneticamente modificate per diventare fabbriche di pesticidi (OGM Bt) o resistenti agli erbicidi (OGM resistenti a Roundup). Entrambe le applicazioni non sono andate a buon fine. Invece di tenere sotto controllo i parassiti, le colture Bt hanno creato dei superparassiti. Invece di tenere sotto controllo le erbe infestanti, le colture resistenti agli erbicidi hanno generato delle supererbacce.
Tutti i sistemi alimentari sostenibili, che si tratti di foreste, pascoli o terreni agricoli, hanno degli animali integrati in essi.
La rinaturalizzazione del cibo comprende l’annullamento dell’ingiustizia storica subita dalle popolazioni indigene e tribali. Consiste anche nel riportare le persone e il cibo nelle foreste e gli alberi e gli animali nei terreni agricoli.
La rinaturalizzazione comprende la riscoperta e la rigenerazione degli alimenti forestali e dei prodotti selvatici edibili e la creazione di foreste alimentari. Ciò significa anche non distruggere la foresta.
Comprende la liberazione degli animali dagli allevamenti industriali per riportarli sulla terra, lasciandoli pascolare liberamente e reintegrandoli nei sistemi di allevamento, nutrendo le piante che li nutrono.
Rinaturalizzare significa anche rigenerare la biodiversità dei nostri terreni e delle nostre foreste e rinaturalizzare il nostro microbioma intestinale, il nostro corpo e la nostra mente.
Nove principi da seguire per rinaturalizzare il cibo e la Terra e nutrire il mondo.
- Facciamo parte della rete della vita, non siamo esterni ad essa. Siamo membri della Famiglia Terra e le altre specie sono nostri parenti. Non siamo padroni della Terra e non siamo detentori della biodiversità. L’ecoapartheid, l’illusione che gli esseri umani siano separati dalla terra, è alla radice della violenza contro la terra, la sua biodiversità e le sue diverse culture. Ritornare alla nostra appartenenza alla famiglia della Terra nella nostra mente e nella nostra vita è il primo passo della rinaturalizzazione. È un passo verso la pace con la terra e la creazione di civiltà ecologiche non violente.
- La rete della vita è una rete alimentare. Il cibo è la valuta in vigore nel ciclo nutrizionale, che fornisce nutrimento a tutte le forme di vita. Il ciclo nutrizionale è un ciclo ecologico che tesse la rete della vita. Come afferma un’antica Upanishad “tutto è cibo, tutto è il cibo di qualcos’altro.”
- Gli esseri umani fanno parte della rete alimentare, come custodi della biodiversità, come cocreatori con altre specie, come coloro che se ne nutrono e come coltivatori. Il cibo ci rende membri della famiglia della Terra, che si nutre dei microrganismi del suolo, di insetti, di piante e di animali.
- Ogni ecosistema ospita specie diverse. Ogni ecosistema fornisce diversi alimenti a diverse specie. Foreste, terreni coltivati e pascoli sono interconnessi ecologicamente attraverso il ciclo nutrizionale e idrico e non possono essere separati.
- L’auto-organizzazione e l’autoregolazione sono i principi della vita e della rinaturalizzazione, dalla più piccola molecola o cellula, ai microbi, alle piante, agli animali, agli ecosistemi e alla stessa Madre Terra.
- La biodiversità è il principio organizzativo di tutti i sistemi viventi e della rinaturalizzazione. La biodiversità tesse la rete della vita attraverso interconnessioni di reciprocità e simbiosi. La biodiversità produce più cibo e aumenta la resilienza.
- La salute del pianeta e la nostra salute sono un tutt’uno. La biodiversità nel microbioma del suolo, la biodiversità delle piante che mangiamo e la biodiversità del nostro microbioma intestinale sono interconnesse.
- Rinaturalizzare il cibo vuol dire rinaturalizzare la Terra. Più aumenta la biodiversità, più creiamo le condizioni affinché aumenti la biodiversità della Terra, fermando così la perdita di biodiversità e l’estinzione delle specie.
- Il sistema climatico della Terra è stato creato dalla viva terra attraverso la fotosintesi. I cambiamenti climatici sono la conseguenza del bilancio climatico della Terra e della distruzione della sua autoregolazione attraverso l’energia di scarto ottenuta dai combustibili fossili. Rinaturalizzare il nostro cibo e la Terra è una soluzione per il clima.
Traduzione dall’inglese di Simona Trapani. Revisione di Daniela Bezzi
L’articolo originale può essere letto qui
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