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di Manlio Masucci, 17 giugno 2015

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Papa Francesco ha mostrato a tutta l’umanita’ che essere veramente umani significa rinunciare all’arroganza di considerarsi i signori dell’universo e di tutte le specie.
Ancora piu’ importante, egli ci ha mostrato che la sostenibilita’ ecologica e la giustizia sociale sono inseparabili

Dr Vandana Shiva


C’è bisogno di un nuovo paradigma basato su una nuova relazione fra scienza e umanità, che riconsideri e ridimensioni il ruolo dei grandi poteri economici e che riconosca e valorizzi il ruolo dei piccoli produttori agricoli e del loro bagaglio culturale. C’è bisogno, insomma, di una nuovo approccio “ecologico” per salvare il pianeta e i suoi abitanti dalle aberrazioni di un sistema economico dominato dalla finanza che mira al massimo profitto noncurante dei danni ambientali, sociali e culturali che infligge quotidianamente. A dirlo non è una Ong sul piede di guerra o attivisti estremisti, ma papa Francesco che ha deciso di dedicare la sua ultima enciclica proprio alle questioni ambientali concentrandosi sul nesso fra la prepotenza del capitale, l’utilizzo irresponsabile delle risorse della natura, i contraccolpi sull’ambiente e sul sociale.

La scienza diviene, in questa lettura, uno strumento nelle mani dei grandi poteri economici e per affermare sempre più il loro dominio sul creato a scapito della maggioranza della popolazione che viene spogliata dei propri diritti a una vita salubre e a un lavoro dignitoso. Una questione che riguarda tutto il genere umano perché il pianeta, le sue ricchezze, sono beni comuni da tutelare e da preservare per le future generazioni. Un concetto fondamentale ma troppo spesso dimenticato, sintetizzato nel titolo dell’enciclica che si riferisce per l’appunto alla “cura della casa comune”. L’enciclica trova pubblicazione in un momento in cui il dibattito sulla sostenibilità e sul futuro dell’umanità ha conquistato stabilmente l’attenzione dell’opinione pubblica oramai consapevole dei danni provocati da un sistema economico plasmato sugli interessi delle grandi compagnie multinazionali.

Ed è proprio dall’evidenza dell’insostenibilità dell’attuale modello economico e della necessità del cambiamento, che Francesco inizia il suo ragionamento sottolineando le gravi condizioni in cui la madre terra versa: “Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla”. E’ in seguito a questa amara constatazione che il Pontefice lancia il suo appello: “La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare”.

Il cambiamento necessario è dunque possibile ma ciò che serve è una nuova consapevolezza dei problemi che riguardano tutti gli abitanti della casa comune. Un percorso avviato dai movimenti ambientalisti nonostante tutte le avversità: “Il movimento ecologico mondiale ha già percorso un lungo e ricco cammino, e ha dato vita a numerose aggregazioni di cittadini che hanno favorito una presa di coscienza. Purtroppo, molti sforzi per cercare soluzioni concrete alla crisi ambientale sono spesso frustrati non solo dal rifiuto dei potenti, ma anche dal disinteresse degli altri”. Uno sforzo encomiabile, secondo Francesco che riconosce il lavoro prezioso svolto da quanti hanno combattuto sinora il degrado ambientale e sociale: “Desidero esprimere riconoscenza, incoraggiare e ringraziare tutti coloro che, nei più svariati settori dell’attività umana, stanno lavorando per garantire la protezione della casa che condividiamo. Meritano una gratitudine speciale quanti lottano con vigore per risolvere le drammatiche conseguenze del degrado ambientale nella vita dei più poveri del mondo”.

E’ quindi dalla consapevolezza che le basi del cambiamento sono già state gettate che bisogna ripartire. I tempi, secondo il Pontefice, sono maturi: “Dopo un tempo di fiducia irrazionale nel progresso e nelle capacità umane, una parte della società sta entrando in una fase di maggiore consapevolezza. Si avverte una crescente sensibilità riguardo all’ambiente e alla cura della natura, e matura una sincera e dolorosa preoccupazione per ciò che sta accadendo al nostro pianeta”.

Una preoccupazione legittima dovuta a una serie di fattori che continuano a danneggiare la “casa comune”. Papa Bergoglio elenca una serie di problematiche fra cui l’inquinamento “causato dal trasporto, dai fumi dell’industria, dalle discariche di sostanze che contribuiscono all’acidificazione del suolo e dell’acqua, da fertilizzanti, insetticidi, fungicidi, diserbanti e pesticidi tossici in generale”. Si tratta, in molti casi, di sostanze nocive immesse nell’ambiente apparentemente per risolvere problemi ma che in realtà falliscono il loro obiettivo contribuendo all’emergenza ambientale. La tecnologia fallisce, senza una visione di largo raggio e di lungo periodo, nel suo obiettivo di contribuire al benessere degli esseri umani: “La tecnologia che, legata alla finanza, pretende di essere l’unica soluzione dei problemi, di fatto non è in grado di vedere il mistero delle molteplici relazioni che esistono tra le cose, e per questo a volte risolve un problema creandone altri”. Un approccio poco lungimirante applicato anche allo sfruttamento delle risorse: “Anche le risorse della terra vengono depredate a causa di modi di intendere l’economia e l’attività commerciale e produttiva troppo legati al risultato immediato”. Il risultato di questo sistema dello sfruttamento irresponsabile è, primariamente, la perdita della biodiversità: “Ma non basta pensare alle diverse specie solo come eventuali “risorse” sfruttabili, dimenticando che hanno un valore in sé stesse. Ogni anno scompaiono migliaia di specie vegetali e animali che non potremo più conoscere, che i nostri figli non potranno vedere, perse per sempre”.

Sebbene il papa non attribuisca agli ogm un ruolo negativo a prescindere, considerato che “i rischi non vanno sempre attribuiti alla tecnica stessa, ma alla sua inadeguata o eccessiva applicazione”, è indubbio che la diffusione degli ogm sta comportando enormi problemi: “Sebbene non disponiamo di prove definitive circa il danno che potrebbero causare i cereali transgenici agli esseri umani, e in alcune regioni il loro utilizzo ha prodotto una crescita economica che ha contribuito a risolvere alcuni problemi, si riscontrano significative difficoltà che non devono essere minimizzate. In molte zone, in seguito all’introduzione di queste coltivazioni, si constata una concentrazione di terre produttive nelle mani di pochi, dovuta alla progressiva scomparsa dei piccoli produttori, che, in conseguenza della perdita delle terre coltivate, si sono visti obbligati a ritirarsi dalla produzione diretta. I più fragili tra questi diventano lavoratori precari e molti salariati agricoli finiscono per migrare in miserabili insediamenti urbani. L’estendersi di queste coltivazioni distrugge la complessa trama degli ecosistemi, diminuisce la diversità nella produzione e colpisce il presente o il futuro delle economie regionali. In diversi Paesi si riscontra una tendenza allo sviluppo di oligopoli nella produzione di sementi e di altri prodotti necessari per la coltivazione, e la dipendenza si aggrava se si considera la produzione di semi sterili, che finirebbe per obbligare i contadini a comprarne dalle imprese produttrici”.

Il sistema economico ha, d’altra parte, innescato un circolo vizioso, da cui è necessario uscire con determinazione: “Si viene a creare un circolo vizioso in cui l’intervento dell’essere umano per risolvere una difficoltà molte volte aggrava ulteriormente la situazione. Per esempio, molti uccelli e insetti che si estinguono a motivo dei pesticidi tossici creati dalla tecnologia, sono utili alla stessa agricoltura, e la loro scomparsa dovrà essere compensata con un altro intervento tecnologico che probabilmente porterà nuovi effetti nocivi”.

Effetti nocivi sull’ambiente che non possono essere isolati da quanto accade nel resto della società: “Nel frattempo i poteri economici continuano a giustificare l’attuale sistema mondiale, in cui prevalgono una speculazione e una ricerca della rendita finanziaria che tendono ad ignorare ogni contesto e gli effetti sulla dignità umana e sull’ambiente. Così si manifesta che il degrado ambientale e il degrado umano ed etico sono intimamente connessi”. Esiste allora una correlazione fra quanto subisce la Terra e la condizione dell’essere umano che, essendo parte integrante di essa, subisce danni in egual misura. E’ per questo che il discorso ecologico si lega necessariamente al discorso sociale: “Ma oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri”.

La terra non è d’altra parte data per essere sfruttata al fine dei profitti ma deve essere funzionale al benessere di tutti gli esseri umani poiché “l’ambiente è un bene collettivo, patrimonio di tutta l’umanità e responsabilità di tutti” e “chi ne possiede una parte è solo per amministrarla a beneficio di tutti”. In questo contesto i diritti dei grandi poteri economici vengono a vacillare di fronte al concetto stesso di beni comuni: “Il principio della subordinazione della proprietà privata alla destinazione universale dei beni e, perciò, il diritto universale al loro uso, è una “regola d’oro” del comportamento sociale, e il primo principio di tutto l’ordinamento etico-sociale. La tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà privata, e ha messo in risalto la funzione sociale di qualunque forma di proprietà privata”.

L’obiettivo del cambiamento dovrebbe essere dunque di rimettere la terra e la dignità dell’uomo al centro della agenda politica. Un dignità che può essere garantita solo attraverso il lavoro. Anche da questo punto di vista il sistema sembra andare in un’altra direzione: “Tuttavia l’orientamento dell’economia ha favorito un tipo di progresso tecnologico finalizzato a ridurre i costi di produzione in ragione della diminuzione dei posti di lavoro, che vengono sostituiti dalle macchine. È un ulteriore modo in cui l’azione dell’essere umano può volgersi contro sé stesso”.

Una corsa al ribasso che deve essere interrotta ripensando un sistema che metta al centro il benessere dell’uomo e dell’ambiente: “Perché continui ad essere possibile offrire occupazione, è indispensabile promuovere un’economia che favorisca la diversificazione produttiva e la creatività imprenditoriale. Per esempio, vi è una grande varietà di sistemi alimentari agricoli e di piccola scala che continua a nutrire la maggior parte della popolazione mondiale, utilizzando una porzione ridotta del territorio e dell’acqua e producendo meno rifiuti, sia in piccoli appezzamenti agricoli e orti, sia nella caccia e nella raccolta di prodotti boschivi, sia nella pesca artigianale. Le economie di scala, specialmente nel settore agricolo, finiscono per costringere i piccoli agricoltori a vendere le loro terre o ad abbandonare le loro coltivazioni tradizionali”.

La politica è allora chiamata a fare la sua parte, nell’interesse della popolazione e contro gli interessi di parte: “Le autorità hanno il diritto e la responsabilità di adottare misure di chiaro e fermo appoggio ai piccoli produttori e alla diversificazione della produzione. Perché vi sia una libertà economica della quale tutti effettivamente beneficino, a volte può essere necessario porre limiti a coloro che detengono più grandi risorse e potere finanziario”.


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