Il cibo è un’arma. Quando si controllano i semi, si controlla la vita sulla terra». Il percorso di Vandana Shiva, presidente di Navdanya International e da oltre trent’anni in prima linea per proteggere i semi dai tentativi delle multinazionali del settore di appropriarsene attraverso i brevetti, può essere effettivamente racchiuso in questa sua affermazione.

Un’affermazione che risulta essere ancora di estrema attualità. La recente sperimentazione in campo aperto degli Ogm di seconda generazione, i cosiddetti Tea (Tecniche di evoluzione assistita), avviata in Italia, ci ricorda come la guerra per i semi e per la sovranità alimentare sia ancora in pieno svolgimento. Vero, la prima generazione di Ogm ha fallito, come dimostra la recente decisione della Corte Suprema delle Filippine di bloccare la commercializzazione del famigerato riso geneticamente modificato «Golden Rice», ma è proprio per questo che le multinazionali del settore intendono variare l’offerta con «nuovi» Ogm che di nuovo non sembrano, in realtà, avere molto. Un’operazione di «green washing», piuttosto, a favore di una tecnologia che promette solo di rallentare il necessario percorso di rigenerazione ambientale e agro-ecologica e che priva il nostro paese del prestigioso stendardo del «Gmo Free».

Il film «The Seeds of Vandana Shiva», diretto da Camilla Denton Becket e James Becket, racconta la storia dell’ambientalista indiana che lotta per proteggere i piccoli agricoltori dall’aggressione delle multinazionali dell’agribusiness.

E’ la storia di una donna che, in un paese dalle forti connotazioni patriarcali, riesce ad emergere dalle foreste dell’Himalaya per sfidare vittoriosamente in tribunale colossi come la Monsanto e per promuovere la creazione di centinaia di banche di semi in tutta l’India. Perché come lei stessa afferma «il seme è la fonte della vita e il primo anello della catena alimentare e il controllo sulle sementi significa un controllo sulle nostre vite, sul nostro cibo e sulla nostra libertà».

Eppure una manciata di multinazionali controlla oggi la maggior parte delle forniture di sementi del mondo, con conseguente perdita di sovranità alimentare mentre l’agricoltura industriale, la produzione intensiva su larga scala che prevede monocolture, fertilizzanti chimici, pesticidi e sementi geneticamente modificate degrada il suolo, impoverisce le risorse idriche, inquina l’ambiente, contribuisce alla perdita di biodiversità e al cambiamento climatico.

Il film, che verrà proiettato giovedì 30 maggio alle ore 18,30 a Roma al Cinema Troisi, via Girolamo Induno 1, (incontro gratuito con prenotazione fino a esaurimento posti) esplora il potere dell’agroecologia e il ruolo cruciale dei sistemi alimentari nella nostra vita e nel futuro del nostro pianeta. Argomenti di estrema attualità che si riallacciano ai recenti fatti di cronaca relativi alla protesta degli agricoltori europei, alle polemiche sugli allevamenti intensivi e alla carne artificiale.

Presente in sala la stessa Vandana Shiva che avrà modo di interloquire con pubblico e giornalisti con la moderazione di Silvia Francescon, responsabile dell’Agenda Ecologia di Unione Buddhista Italiana che promuove l’evento insieme a Navdanya International. «Siamo felici – sottolinea Silvia Francescon – di presentare «The Seeds of Vandana Shiva» insieme a Vandana Shiva: un film potente come la voce della sua protagonista, una voce necessaria oggi più che mai per difendere dallo sfruttamento la terra che abitiamo».

Manlio Masucci


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