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Di Manlio Masucci – L’Extraterrestre, settimanale ecologista de Il Manifesto, 15 ottobre 2020 | Fonte

Continuare a imporre le vecchie e fallimentari politiche del neoliberismo attraverso nuove narrazioni, nuovi make-up, nuove promesse. Il capitalismo ha saputo vestire molte maschere nel corso della sua storia ma quella della filantropia rappresenta senz’altro una delle più volgari e pericolose. Specialmente quando dietro al velo delle donazioni e degli aiuti si posizionano entità economiche potentissime e capaci di influenzare direttamente le politiche dei governanti di tutto il mondo. L’ultimo rapporto di Navdanya International, Gates to a Global Empire, intende investigare il ruolo e l’azione di una delle fondazioni private che più sta condizionando le politiche pubbliche di tutto il mondo: la Bill and Melinda Gates Foundation (Bmgf). Gli interventi filantropici dell’organizzazione del fondatore di Microsoft, Bill Gates, uno degli individui più ricchi al mondo con un patrimonio personale di circa 117 miliardi di dollari, sembrano rispondere a logiche ben precise.

Logiche di sviluppo economico e sociale, in primo luogo, ma anche prettamente finanziarie considerando i ritorni economici dei suoi investimenti, mai scevri da conflitti di interessi enormi. Lo sviluppo globale diviene allora un importante campo di profitti, nella consapevolezza che controllare i mercati significa controllare la vita di miliardi di persone.

Basandosi su questa logica e su una visione del mondo secondo cui esiste una soluzione tecnologica ad ogni problema, la Bmgf finanzia, all’ombra del vessillo della filantropia, tutto ciò che è in linea con i suoi interessi: dai media alla ricerca, dalle università alle start-up, dai programmi di sviluppo delle istituzioni internazionali ai quelli governativi. Inoltre la fondazione di Gates spesso co-investe con altri colossi del settore agroalimentare, dell’industria dei combustibili fossili, dell’industria farmaceutica, del Big Tech.

La tentacolarità e la pervasività dell’azione della Bmgf richiede un’indagine a 360 gradi per mettere a fuoco i sui reali impatti sull’economia mondiale. L’analisi di Navdanya parte dal comparto agroalimentare su cui l’organizzazione fondata da Vandana Shiva ha oramai alle spalle un lavoro trentennale in difesa della biodiversità e delle sementi locali. Il rapporto passa dunque in rassegna i casi denunciati nel corso degli anni di biopirateria e dei tentativi di brevettare i semi, prima attraverso gli Ogm e ora con le tecniche di gene editing, che hanno visto coinvolta la fondazione di Gates. I tentativi di esportare la fallimentare «Rivoluzione Verde» in America Latina, in Africa e in Asia confermano la tesi secondo cui la Bmgf è del tutto disinteressata allo sviluppo di nuovi modelli economici sostenibili e inclusivi quanto piuttosto al consolidamento del modello monocolturale intensivo a vantaggio degli interessi della grandi industrie sementiere e di agrochimici.
Portatore di grandi interessi economici, la Bmgf può tranquillamente disinteressarsi dei fallimenti dei suoi progetti, come il caso di Agra, il programma per aumentare la produttività agricola in Africa: «Dopo quasi 15 anni – si legge nel rapporto – non ci sono prove di aumenti significativi della produttività mentre, nei paesi interessati, le persone che soffrono di fame estrema sono aumentate del 30%». La capacità della fondazione di promuovere i grandi interessi privati e coinvolgere attori strategici in tutti i settori, dai media agli istituti di ricerca, permette a Gates di avere sempre le porte aperte nonostante l’evidenza dei vantaggi particolari e dei fallimenti generali. Un’emergenza democratica, dunque, analizzata nel dettaglio dai maggiori esperti del settore come Vandana Shiva, José Esquinas Alcàzar e Nicoletta Dentico.

Il rapporto, che conta sulla partecipazione di organizzazioni internazionali fra cui Etc Group, Gm Watch e Naturaleza de Derechos, è scaricabile gratuitamente sul sito di Navdanya International (www.navdanyainternational.org).