Nuovo articolo di Vandana Shiva su Huffington Post
L’era del petrolio, il cambiamento climatico e le guerre contro il Pianeta e le Persone
Due secoli e mezzo di era dei combustibili fossili e del petrolio ci hanno regalato dipendenze, violenze, conflitti, guerre, industrie non sostenibili, deserti, cambiamenti climatici e un crescente monopolio delle multinazionali sull’agricoltura, l’economia e la politica.
I carburanti fossili hanno permesso ai grandi capitali finanziari internazionali di distruggere gli ecosistemi, le conoscenze tradizionali delle donne, le culture locali e di fabbricare economie basate sul falso presupposto che la natura e le donne non siano creative e produttive, ma passive e inerti.
Si dà per scontato che la creatività e la produttività dei sistemi alimentari ed energetici siano fondate sulla finanza e sui combustibili fossili. Così tutte le definizioni di produttività si basano sulla sostituzione degli esseri umani coi combustibili fossili. L’agricoltura industriale è considerata più produttiva, anche se per unità di superficie produce meno alimenti rispetto a quella ecologica.
Il cambiamento climatico è il risultato di organizzazioni di violenza e irresponsabilità che si appropriano dei benefici privatizzandoli e lasciando i costi alla società e alla natura. L’economia dei carburanti fossili pesa su tutte le specie animali e vegetali, sulle donne e sui poveri.
Questa colonizzazione delle donne, della natura e di altre culture continua nelle guerre per il petrolio e con la promozione forzata di un’agricoltura basata sui combustibili fossili in luoghi come l’Africa. Un’agricoltura che provoca la desertificazione dei terreni, generando rifugiati ecologici e contribuendo direttamente ai cambiamenti climatici.
Le persone che attraversano il Mediterraneo con imbarcazioni di fortuna, lasciano le proprie case perché hanno perso i mezzi di sussistenza a causa della desertificazione e della siccità, o perché sono diventati profughi a causa di guerre per il controllo del petrolio. Il Manifesto di Navdanya International, Terra Viva: Il nostro suolo, i nostri Beni Comuni, il nostro Futuro, dimostra come i nuovi conflitti che vedono come protagonista Boko Haram nel nord della Nigeria e le violenze in Siria hanno le loro radici nella desertificazione e nei cambiamenti climatici.
L’inquinamento dell’aria che si è accumulato nell’atmosfera dall’inizio dell’era dei combustibili fossili, 250 anni fa, a oggi è di circa 400 (parti per milione) di anidride carbonica. Ed è la causa dell’effetto serra e del caos climatico, compreso l’aumento della temperatura.
Per fermare l’aumento della temperatura ai 2 gradi centigradi stabiliti dagli esperti dobbiamo ridurre le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera a 350 ppm. Ciò richiede la riduzione delle emissioni e la graduale eliminazione dei combustibili fossili, ma anche la riduzione delle scorte in eccesso di carbonio nell’atmosfera, rimettendolo nel terreno che lo produce. L’agricoltura biologica è rigenerativa ci offre la strada per farlo. Non solo, può risolvere anche l’insicurezza alimentare e la fame, convertire la desertificazione e garantire una sicura sussistenza mediante l’equilibrio ecologico, aprendo la via alla pace. Soprattutto consente il passaggio dal paradigma violento delle strutture e dei sistemi di patriarcato capitalista al paradigma non violento basato sull’ecologia e sull’eco femminismo nel quale sono comprese il benessere di tutte le persone e tutte le specie.
Abbiamo bisogno di una transizione energetica, ma ancor più abbiamo bisogno di una alimentazione e di un’agricoltura di transizione che metta il Suolo, non il petrolio, al centro della nostra immaginazione, delle nostre società e delle nostre economie. L’agricoltura industriale e globalizzata è la più importante causa del cambiamento climatico e rappresenta ben il 40% delle emissioni di gas a effetto serra – CO2, protossido di azoto e metano. Attraverso l’agricoltura biologica e rigenerativa, si può aumentare la capacità umana di adattamento, ridurre il nostro impatto sul clima e annullare i danni causati dall’agricoltura industriale e globalizzata. Mitigazione e adattamento devono avvenire in tutti gli aspetti della nostra vita. Aria, acqua, terra, biodiversità e energia si intrecciano al problema del cambiamento climatico e alle sue soluzioni.
Un cambiamento climatico con aumento delle temperature di 3-5 gradi centigradi comporterà lo scioglimento delle calotte polari e dei ghiacciai, la moltiplicazione di alluvioni, siccità e cicloni. Alcuni di questi effetti si fanno già sentire: nella mia regione, l’Uttarakhand nell’Himalaya, 20.000 persone sono state spazzate via dalle grandi piogge del 2013. Nel Nord dell’India, nel 2015, la pioggia anticipata al momento dei raccolti ne ha distrutto il 50%. Il Cambiamento Climatico è diventato una lotta fra la vita e la morte. Per evitare cambiamenti climatici catastrofici, l’80% dei combustibili fossili deve essere lasciato sottoterra. Eppure l’industria petrolifera continua a trivellare e praticare il fracking, incautamente ignorando le conseguenze sulle comunità locali e sul pianeta.
La maggior parte della discussione e negoziazione su come rispondere e mitigare il cambiamento climatico nell’ambito della COP 21 si è limitata al paradigma commerciale – nell’ambito di una visione del mondo meccanicistica, riduzionista e consumistica – che ha al suo interno due approcci dominanti: da un lato quello del business globale, in particolare le multinazionali che hanno promosso e che dipendono dall’uso dei combustibili fossili; dall’altro quello di coloro che cercano alternative rinnovabili all’interno di una società consumista ad alta intensità energetica. Il modello energetico riduzionista, che è cominciato nei paesi industriali due secoli fa e viene diffuso in paesi come l’India attraverso la globalizzazione, è un modello che ha provocato la fame, la povertà, l’energia dissipativa, culture di paura, di insicurezza e il caos climatico.