Home > Notizie > i nostri articoli > Qui c’è puzza di chimica – Il nuovo rapporto che promuove sistemi alimentari insostenibili

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Di Vandana Shiva – l’Extraterrestre, il manifesto, 4 aprile 2019 | Fonte

Polemiche. Il nuovo report di «Eat-Lancet» esalta la dieta vegetale per salvare la salute e il pianeta ma nasconde il tema dei pesticidi. Un favore alle industrie della chimica

Il nuovo Report pubblicato da EAT-Lancet sembra suggerire che i “regimi alimentari a base prevalentemente vegetale” siano in grado di salvaguardare la salute del pianeta e delle persone, rimuovendo però dall’equazione l’eclatante problema della diffusione a livello epidemico di tutte quelle malattie croniche legate ai pesticidi ed alle sostanze tossiche contenute nei cibi – conseguenza diretta  dei sistemi alimentari ed agricoli intensivi basati su un ampio ricorso alla chimica.

Quello delle sostanze tossiche è un nodo centrale nella questione della salute umana e del pianeta, che viene però quasi del tutto bypassato dal report. Più di un secolo dopo l’uscita di Silent Spring, più di 34 anni dopo il genocidio di Bhopal, un anno dopo che la Relatrice Speciale sul Diritto al Cibo delle Nazioni Unite ha rilasciato il proprio report sui pesticidi, pochi mesi dopo il processo Johnson che ha stabilito la cancerogenicità del Roundup, questo report decide di non affrontare il fatto che le sostanze tossiche siano considerate responsabili dell’ l’estinzione di diverse specie, che abbiano fatto considerevolmente aumentare i casi di cancro, problemi neurologici, interferenze endocrine ed infertilità. Il Manifesto Food for Health (Cibo per la Salute), di Navdanya International, la cui stesura ha visto la partecipazione di eminenti esperti nei campi della  salute e dell’ecologia, ha identificato nelle sostanze tossiche una delle prime cause alla base della diffusione delle malattie croniche a cui stiamo assistendo.

Va sottolineato che EAT, tramite FrESH, è in partnership con l’industria del junk food, e con grandi aziende quali Bayer, BASF, Cargil, Pepsico ed altre ancora.

 

Immagine: Le aziende partner di FreSH

“FReSH cerca di sviluppare, implementare ed accrescere soluzioni commerciali che forniscano obiettivi su base scientifica per un’alimentazione più sana e sostenibile”.

Questo “Cartello dei Veleni” composto da grandi aziende ha contribuito ad oltre il 50% delle emissioni di gas serra che gravano sul  cambiamento climatico, alla diffusione delle malattie croniche legate alla presenza di sostanze chimiche nei nostri cibi, alla mancanza  di diversità nelle nostre diete, alla distribuzione massiva di cibo industriale, trasformato e sostanzialmente  “finto”.

Si potrebbe ri-nominare questo report come “la dieta di YARA e del Cartello dei Veleni”. YARA è la più grande azienda produttrice di fertilizzanti chimici al mondo. L’utilizzo di fertilizzanti azotati sintetici a base di combustibili fossili costituisce uno dei  principali fattori che contribuiscono alla crisi climatica, alle “zone morte” negli oceani e al degrado dei suoli. Invece di riconoscere il ruolo chiave dell’agricoltura biologica e dell’agroecologia nell’offrire soluzioni sostenibili per il ripristino dell’ormai danneggiato ciclo dell’azoto, il report suggerisce “la redistribuzione dell’uso globale di azoto e fosforo”, che è come dire: le sostanze chimiche devono essere ora diffuse anche al Terzo Mondo – ed ancora, “Molti dei paesi sviluppati applicano azoto in eccesso, con livelli di applicazione che superano quelli necessari per ottenere i rendimenti richiesti. Al contrario, molti dei paesi in via di sviluppo registrano rendimenti che rappresentano solo la metà di quelli che potrebbero essere ottenuti se si applicassero quantitativi adeguati di fertilizzanti, con le corrette tempistiche… Nelle aree di deficit, è possibile aumentare l’input di azoto per aumentare i rendimenti delle colture senza avere conseguenze negative sull’ambiente”.

Ma quello di cui abbiamo bisogno non è una inutile redistribuzione nell’uso delle sostanze chimiche che stanno distruggendo il pianeta. Questo è ciò che promuovono anche la Gates Foundation ed AGRA, in un contesto in cui, invece, la capacità dell’agricoltura biologica nel rigenerare la salute del suolo è stata scientificamente provata.

Lo studio ventennale portato avanti da Navdanya nella Doon Valley, che ha messo a confronto i risultati dell’agricoltura chimica e quelli dell’agricoltura biologica, ha dimostrato che potremmo completamente sbarazzarci dei fertilizzanti chimici, piuttosto che redistribuirne l’utilizzo. Sono stati effettuati una moltitudine di altri studi che dimostrano che i fertilizzanti chimici non solo distruggono l’equilibrio dei terreni ma riducono anche l’apporto di nutrienti negli alimenti che vi si producono. Un meta-studio inglese, che copre più di 400 studi diversi ha rilevato che i cibi biologici possono contenere fino al 60% di nutrienti benefici in più rispetto ai cibi prodotti facendo ricorso a sostanze chimiche[1].

La ricerca scientifica ha dimostrato la superiorità degli alimenti biologici su quelli convenzionali sotto diversi aspetti. La qualità delle proteine nei cibi biologici è migliore di quella dei cibi convenzionali. Gli alimenti biologici contengono quantitativi maggiori di minerali e vitamine rispetto al cibo convenzionale. Una ricerca condotta da Donald R. Davis et al, per valutare eventuali cambiamenti nei dati dell’USDA sui contenuti nutrizionali di 43 tipi di colture dal 1950 al 1999, ha rilevato che tutti i 43 campioni riportavano diminuzioni  (che spaziavano, ad esempio, tra il  6% per le proteine e il 38% per la riboflavina)  di 6 nutrienti: proteine, calcio, fosforo, ferro, riboflavina, acido ascorbico. Queste le loro conclusioni: “ipotizziamo che i nostri risultati e quelli di Mayer sulla perdita complessiva di nutrienti possano essere collegati in maniera consistente a decenni di selezione di colture finalizzata agli alti rendimenti, con conseguenti perdite nelle concentrazioni nutritive”. Paolo Bergamo et al hanno riscontrato livelli significativamente superiori di acidi grassi e vitamine liposolubili nel latte e nei prodotti caseari biologici.  Virginia Worthington, che ha condotto una ricerca simile, confrontando i contenuti nutrizionali di alimenti biologici e non; ha riscontrato un declino nei nutrienti delle coltivazioni sia negli Stati Uniti che nel Regno Unito rispetto ai precedenti sessantacinque anni, laddove sessant’anni prima il cibo era prodotto con metodi più naturali.

Effetti della pratica costante in campo dell’agricoltura biologica e di quella chimica

Il Report pubblicato da EAT-Lancet si pone dunque come l’ennesimo tentativo di supportare l’industria chimica per mezzo della promozione senza basi scientifiche della cosiddetta “Intensificazione sostenibile” e dell’Agricoltura di Precisione. “Il sistema globale di produzione alimentare richiede una nuova rivoluzione agricola basata sull’intensificazione sostenibile e guidata dalla sostenibilità e dall’innovazione sistemica. Questo comporterebbe almeno una riduzione del 75% dei gap di rendimento sulle coltivazioni presenti ed incrementi radicali nell’utilizzo dei fertilizzanti”. Quella auspicata nel report è una transizione verso diete salutari senza però porre in campo una trasformazione del paradigma dell’agricoltura chimica, che è alla base della distruzione dei terreni, delle acque, della biodiversità e del clima del nostro pianeta oltre che della diffusione delle malattie croniche.

Si continua a porre l’accento solo sul “rendimento” – un parametro sviluppatosi appositamente per l’agricoltura industriale basata sull’ uso della chimica, per produrre “merci” nutrizionalmente povere oltre che tossiche. Il report sembra cercare deliberatamente di deviare l’attenzione dall’agricoltura che non ricorre alle sostanze chimiche e dall’agroecologia, che sono state recentemente riconosciute come paradigma per il futuro.

Noi di Navdanya, nel nostro lavoro, abbiamo operato un cambio di parametro: dal “rendimento per acro” al “nutrimento per acro”. Potremmo sfamare due volte l’India con l’intensificazione e la salvaguardia della biodiversità e la transizione verso un’agricoltura priva di veleni chimici

Quasi un sesto della popolazione mondiale dipende dagli allevamenti per la propria sussistenza. L’attività pastorale nelle regioni aride è caratterizzata d un mutuo beneficio per il territorio e per le comunità.  Gli animali sono alla base di sistemi alimentari sostenibili. L’integrazione tra coltivazioni, alberi, animali è ciò che consente il riciclo dei nutrienti e di evitare l’utilizzo di sostanze chimiche. Il ruolo centrale degli animali in diversi sistemi agroecologici sia per rinnovare la fertilità dei suoli sia per le energie rinnovabili deve essere enfatizzato in ogni tentativo di costruzione di sistemi alimentari sostenibili, liberi da combustibili fossili e sostanze tossiche. Non bisogna dimenticare che per le tribù del deserto la sopravvivenza senza i cammelli sarebbe impossibile, così come senza lo yak nell’Alto Himalaya e nell’altopiano tibetano.

L’allevamento industriale è una delle prime cause di emissione di gas serra. Ma non sono gli animali liberi o da pascolo a contribuire negativamente al cambiamento climatico. Non si possono equiparare gli allevamenti intensivi, che altro non sono che alienanti prigioni per animali, alle economie basate sull’allevamento sostenibile sparse per tutto il mondo, in cui gli animali sono considerati come membri di famiglie estese.

Il nostro pane è la nostra libertà

Il Cartello dei Veleni, che sta causando infermità e morte tra  le persone, le api, gli impollinatori e che sta danneggiando il nostro microbioma intestinale, si propone ora di distruggere le nostre culture alimentari salutari, locali e biodiverse, attraverso quello che possiamo definire come una forma di colonialismo ed imperialismo alimentare. Definirlo un “disagio inevitabile” non basta a nascondere la  violazione dei principi ed i valori della diversità e della democrazia, sui quali sia la libertà che la sostenibilità si fondano.

Coloro i quali hanno contribuito al collasso del pianeta e del nostro benessere si sono coalizzati per indurci forzatamente verso un’alimentazione tossica ed iper-industrializzata, cercando di

convincerci di voler proteggere la nostra salute, salvare il pianeta e porre rimedio alla distruzione dei nostri alimenti locali.

Il cibo rappresenta la trama stessa della vita e la nostra cultura. Fino ad ora, la distruzione delle nostri sistemi alimentari locali da parte del Cartello dei Veleni si è potuta considerare un effetto collaterale della trasformazione che ha subito l’agricoltura per adattarsi all’uso di sostanze chimiche. Ora il Cartello dei Veleni sta minacciando direttamente la parte più intima della nostra cultura e del nostro essere, a livello sia individuale che collettivo. Ed è per questo che diremo loro: “Giù le mani dal nostro cibo”.

I movimenti che stanno lottando per rigenerare la salute delle persone, del pianeta e  la democrazia alimentare, non possono accettare che la nostra alimentazione venga colonizzata tramite doppi giochi e discorsi ambigui.

Possiamo sfamare il mondo e proteggere il pianeta iniziando con lo sbarazzarci dei combustibili fossili e delle sostanze chimiche.

Ed è per questo che abbiamo avviato la campagna per Un’alimentazione e un’agricoltura senza veleni: “Poison Free Food and Farming 2030 – Cibo e agricoltura senza pesticidi”. Unisciti a noi.


[1] Baranski M. et al, “Higher antioxidant and lower cadmium concentrations and lower incidence of pesticide residues in organically grown crops: a systematic literature review and meta-analyses”, 2014, Volume 112, Issue 5, pp. 794-811, British Journal of nutrition, www.cambridge.org/core/journals/british-journal-of-nutrition/article/div-classtitlehigher-antioxidant-and-lower-cadmium-concentrations-and-lower-incidence-of-pesticide-residues-in-organically-grown-crops-a-systematic-literature-review-and-meta-analysesdiv/33F09637EAE6C4ED119E0C4BFFE2D5B1#