Home > Notizie > i nostri articoli > L’inscindibile nesso fra difesa della biodiversità e sovranità alimentare: un progetto educativo per i giovani del lago di Bracciano

di Manlio Masucci, Navdanya International, responsabile progetto “Biodiversità è vita” – Buddhismo Magazine, Rivista dell’Unione Buddhista Italiana, luglio 2023 | FontePDF

Quando si parla di perdita di biodiversità il primo pensiero va spesso alle specie animali a rischio di estinzione, agli insetti impollinatori, alla foresta Amazzonica. Nonostante il fatto che negli ultimi cento anni il nostro pianeta abbia perso il 75% della diversità genetica vegetale, la percezione indotta è quella di un problema lontano da noi, quasi una questione esotica. Eppure c’è una biodiversità molto più vicina a noi, proprio sotto i nostri occhi, che si sta estinguendo a ritmi vertiginosi: la biodiversità agricola.

Come rilevato nel manifesto “Food for Health”, delle diecimila specie originarie, oggi si è arrivati a coltivarne poco più di 150 e la stragrande maggioranza del genere umano si ciba oramai di non più di dodici specie di piante. Oltre alla maggiore uniformità delle varietà che coltiviamo, i moderni metodi di selezione hanno contribuito alla diminuzione del numero di colture, con solo circa 30 specie che soddisfano il 95% della domanda mondiale di cibo, tra cui le quattro maggiori colture di base (grano, riso, mais e patate) che dominano campi e mercato.

A causa del sistema produttivo industriale, le colture, dal dopoguerra a oggi, hanno inoltre perso il 25-70% delle loro sostanze nutritive. La riduzione di biodiversità agricola, e la conseguente riduzione di apporti nutritivi, ha un impatto immediato sulla nostra salute poiché il nostro microbioma intestinale si ciba di diversità. Le nostre difese immunitarie si indeboliscono proprio in un momento storico in cui i pochi vegetali a nostra disposizione risultano essere sempre più contaminati dagli agenti chimici utilizzati dalle aziende agricole per aumentarne la produzione. Sono molti gli studi che mettono in relazione il modello produttivo agroindustriale all’aumento globale delle malattie non trasmissibili.

Il corrente modello produttivo mono-colturale, basato sulla grande produzione e sulla grande distribuzione, induce sistematicamente alla perdita di biodiversità. E’ in questo modo che le multinazionali dell’agribusiness possono autoproclamarsi padrone di tutte le varietà che rimangono a seguito del processo di uniformazione. E’ proprio questo il meccanismo perverso che ci priva sia della biodiversità sia del nostro controllo e autonomia sugli alimenti necessari alla nostra sopravvivenza. Il corrente paradigma produttivo, a causa della sua stessa natura a matrice mono-colturale, tende a privarci della biodiversità per assicurarsi il controllo sulla nostra sovranità alimentare.

Come possiamo vivere serenamente in quello che definirei un paradosso sia alimentare che esistenziale? Il modello industriale dell’agribusiness non è solo un modello produttivo. Ma anche e soprattutto culturale. Si tratta di quello che si potrebbe definire come un “dogma mono-culturale”, dove l’uniformità diventa un valore e la diversità un intralcio al paradigma efficentista industriale.  La monocoltura diviene non solo una modalità produttiva ma anche una forma mentis in nome della quale possiamo idealmente giustificare, anche a scapito della nostra stessa salute, un modello di vita omologato impostoci “dall’alto” negli ultimi ottant’anni. L’agricoltura perde, in questo modo, il suo ruolo sociale, la sua posizione di intermediazione fra uomo e natura, e i contadini da guardiani di biodiversità, da custodi del nostro bellissimo paesaggio rurale, diventano operai sfruttati dal conglomerato industriale dell’agribusiness.

Come tentare di invertire questo processo che secondo tutti gli indicatori indipendenti ci sta portando dritti al collasso ambientale e umano? Il percorso di formazione avviato da Ubi e Navdanya International parte da queste domande. E si pone l’obiettivo di contribuire, nel suo piccolo, a proporre nuove visioni e pratiche concrete per avviare un percorso di rigenerazione “dal basso”. E’ per questo che, grazie ai fondi dell’otto per mille dell’Ubi, è stato avviato un progetto educativo con i giovani liceali dei comuni del lago di Bracciano. Un luogo non causale, ma piuttosto un paradiso di biodiversità da tutelare dall’avanzata delle monocolture di nocciole che circondano l’area. L’esempio del vicino lago di Vico, dove lo sversamento delle sostanze chimiche agricole ha indotto processi di eutrofizzazione e anossia e alla dichiarazione di non potabilità delle  acque in alcuni comuni limitrofi, rappresenta un monito importante per le amministrazioni locali che intendono proteggere il patrimonio ambientale anche attraverso la formazione di un Biodistretto.

Il progetto “Biodiversità è vita” si inserisce in questo contesto ponendosi l’obiettivo di contribuire a rigenerare un legame perduto. Un legame prima di tutto culturale. Quello fra la campagna e la città, fra i contadini e i cittadini e in ultima istanza fra la terra e tutti i suoi abitanti. Per affermare il principio che facciamo tutti parte di una sola umanità e una sola natura, uniti nella diversità, e che la pratica produttiva agricola bio-diversa è parte integrante del tessuto sociale di una comunità. Spezzare questo legame, in nome di una uniformità produttiva e culturale utile solo all’industria, significa perdere sovranità alimentare perché nella frattura che si determina fra città e campagna, fra la terra e la sua umanità, si inseriscono le multinazionali del settore con l’obiettivo di allargarla a dismisura per far posto ai loro smisurati interessi.

Portando i giovani all’interno delle fattorie biologiche dell’area, mettendoli a confronto con la biodiversità che i contadini custodiscono gelosamente e preservano contro l’avanzare della monocoltura industriale, il progetto “Biodiversità è vita” intende riattivare il legame culturale delle persone con il loro ambiente e si pone l’obiettivo, certo ambizioso (ma perché no?), di porsi come un piccolo modello educativo possibilmente replicabile in altri territori e in altre comunità. Ovunque ci sia una monocoltura industriale a minacciare ambiente e persone, l’alleanza fra contadini agroecologici e cittadini può rappresentare una valida risposta per la promozione di sistemi agroalimentari sani, equi ed ecologici.

Per questo, il progetto prevede uno scambio e una conoscenza diretta tra i giovani e gli agricoltori biologici del territorio, attraverso un percorso di apprendimento esperienziale, per innescare una crescente consapevolezza delle implicazioni ecologiche della produzione alimentare e delle buone pratiche che consentono di produrre cibo sano e genuino, in armonia con l’ecosistema circostante e la sua biodiversità. Durante le visite i ragazzi svolgono diverse attività seguiti da personale specializzato: documentano la ricchezza della biodiversità con fotografie e piccoli video dei semi, delle erbe, degli ortaggi, frutti, alberi, insetti e animali; realizzano interviste/testimonianze con gli agricoltori; partecipano ad alcune attività della fattoria e a laboratori, come la realizzazione di semenzai, la piantumazione di piante, la riproduzione per talea e come workshop formativi sul riconoscimento delle erbe spontanee e sulla fertilità del suolo. Gli elaborati dei giovani “custodi di biodiversità” verranno infine presentati, il 7 giugno, nell’ambito di un grande evento nella piazza del Comune di Bracciano alla presenza dei produttori biologici locali, del Comitato promotore del Biodistretto e della presidente di Navdanya International, Vandana Shiva.

L’agroecologia costituisce l’unica reale alternativa alle nocività dell’agricoltura industriale. Il coinvolgimento delle giovani generazioni nel processo di rigenerazione, attraverso un percorso formativo di alta qualità, rappresenta un passaggio importante affinché il cambio di paradigma necessario coinvolta tutti i componenti della società per ristabilire il nesso fra campagna e città, fra esseri umani e natura, tutelando la biodiversità e la nostra sovranità alimentare.


Navdanya International lavora per la promozione della sovranità alimentare, dell’agroecologia, di economie solidali e di sistemi agroalimentari giusti e sani, sia attraverso campagne di sensibilizzazione e azioni internazionali sia a livello territoriale, supportando l’agricoltura biologica, i mercati contadini, i comitati e le realtà che lottano per nuove politiche del cibo.

Educare i cittadini, e in particolare le giovani generazioni, all’importanza della biodiversità e della rigenerazione ecologica significa promuovere la conoscenza e i saperi di quelle attività che consentono di ottenere prodotti di qualità senza depauperare la ricchezza di vita degli ecosistemi.

Sul sito www.navdanyainternational.org  la pagina dedicata al progetto “Biodiversità è vita”.