Sarei davvero felice se, in scienza e coscienza, potessi condividere le tranquillizzanti rassicurazioni sulla qualità delle acque sotterranee toscane fornite dall’ Assessore Fratoni qui reperibili e poi riprese dai media locali. L’ Assessore, dopo oltre un mese, commenta un mio articolo sul blog del FQ circa il Decreto n. 43/R del 30 luglio 2018 (PUFF) che ha consentito, sull’intero territorio regionale, l’uso di 29 pesticidi in prossimità dei punti di prelievo delle acque da falde profonde. Purtroppo però i dati, disponibili e validati da Arpat, forniscono un quadro ben diverso da quello che l’Assessore dipinge nella sua replica, in cui fra l’altro fa riferimento alle “acque sotterranee quarratine” che io mai ho nominato, per il semplice fatto che negli ultimi report di ARPAT non sono state prese in considerazione! E’ ben vero che avere affinato le indagini consente di avere un quadro più preciso della situazione, ma ritenere una “mistificazione” il preoccuparsi del fatto che nel 46,8% dei punti e nel 31,1% dei campioni di acqua da falde profonde non mi può certo trovare d’accordo. Per cosa si fanno allora le analisi e si affinano i controlli? Vogliamo aspettare di avere raggiunto e superato i limiti prima di correre ai ripari, sapendo – come insegna la storia dell’atrazina nel bacino del Po – che una volta che una sostanza chimica ha raggiunto le falde profonde può non venire degradata, rimanendo stabile anche per tempi indefiniti? Il fatto che pesticidi, nelle percentuali da me riportate, si trovino nelle falde profonde non dovrebbe fare sorgere qualche domanda sulla fragilità delle stesse e sulle condizioni geologiche dei suoli che evidentemente non riescono ad arginare la grande quantità di inquinanti, a cominciare dai pesticidi che si continuano a riversare, mettendo a rischio una risorsa così essenziale alla vita? Sarebbe come fare screening per ricercare tumori in fase iniziale ed aspettare che diventino invasivi prima di intervenire!
Ma analizziamo più in dettaglio come stanno le cose: è vero che sono solo due i pozzi di acque sotterranee in cui si superano i limiti, ma glifosate ed AMPA – i principi attivi di gran lunga più diffusi e ricercati in maniera sistematica solo negli ultimi anni – sono stati analizzati solo in 58 pozzi di prelievo da acque profonde su un totale di 158 e sono stati ritrovati in ben 22 di essi! In Val di Nievole, dove glifosate ed AMPA sono stati cercati in 5 pozzi sui 15 di tutta l’area Pistoiese, tali sostanze sono state trovate nel 100% dei punti, con valori certo non trascurabili in quanto variabili da 1/3 a più di metà del limite di legge. Ma qui sorge una domanda: perché glifosate ed AMPA non sono stati ricercati in nessuno dei pozzi della piana pistoiese interessata dal vivaismo? Se è vero il detto che chi cerca trova, è altrettanto evidente che chi non cerca non trova. In uno dei pozzi della Val di Nievole dove è presente AMPA, è stato trovato anche il clorpirifos, sostanza altamente tossica per il neurosviluppo, con concentrazione analoga a quella di AMPA.
Tutte queste considerazioni non devono però far dimenticare l’oggetto del mio articolo sul blog del FQ, ovvero la “licenza”, rilasciata col PUFF, all’utilizzo di pesticidi in prossimità dei punti di prelievo di acque sotterranee ad uso idropotabile, indipendentemente da qualsiasi considerazione sulla natura dei suoli e sulla vulnerabilità delle risorse idriche, come invece prevede esplicitamente l’art 94 del D.Lgs 152/06 ( Testo Unico Ambientale). Come può “onestamente” l’Assessore affermare che “il cosiddetto Puff, introduce dei criteri stringenti per l’uso di questi prodotti nelle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano che ricadono nell’ambito del servizio idrico integrato con l’obiettivo di tutelare acque, salute”, quando invece fa esattamente il contrario? Come si concilia l’affermazione dell’Assessore che si va verso una riduzione dell’utilizzo dei pesticidi con quanto è scritto al punto 6 del Preambolo al PUFF: “…In questo modo ( grazie al PUFF n.d.r.) si fornisce agli operatori uno strumento unico e valido in tutti i casi in cui gli stessi intendono utilizzare tali sostanze nelle aree di salvaguardia senza la necessità di predisporre un piano a livello aziendale” ? Se l’italiano non è una opinione il significato di queste parole non lascia dubbi, visto che sempre, parola di Assessore :” “In assenza di questo regolamento vige il divieto di uso dei fertilizzanti e fitofarmaci, nelle aree di salvaguardia, intorno ai punti di captazione, con sanzioni amministrative che sono piuttosto onerose e che oscillano da 600 a 6000 euro”.
Eppure l’ Assessore Fratoni dovrebbe ben conoscere la situazione delle acque nel pistoiese ben documentata dall’ultimo Report di ARPAT che letteralmente recita: “dall’attività di controllo sulla osservanza delle aree di salvaguarda stabilite dall’ Art.94 del D.Lgs 152/06 è emerso che non è rispettata la fascia di 200 metri intorno ai pozzi per scopo idropotabile (pozzi dell’acquedotto)”. La stessa ARPAT sollecita un drastico cambiamento di rotta: ” sono ancora necessari energici interventi correttivi delle pratiche agricole, in particolare di quelle vivaistiche. … si auspica che la Regione Toscana decida di adottare misure di limitazione-sostituzione-eliminazione nei confronti dei diserbanti….”. E con tali premesse come può il PUFF consentire nell’area di salvaguardia l’utilizzo di 29 pesticidi di cui 9 erbicidi – compreso il glifosate? Come si concilia tutto questo con la presunta riduzione dello stesso glifosate di cui l’ Assessore si vanta?
Ci sarebbe ancora molto da dire, ma mi limito a queste sole ulteriori osservazioni. L’ Assessore afferma che i prodotti consentiti dal PUFF sono autorizzati dal Ministero della Salute (e ci mancherebbe altro), ma è davvero sicura che sia così per tutti? A me risulta che alcuni, come ad esempio azionfos etile e azinfos metile (ma anche altri), siano stati da tempo revocati tanto a livello europeo che italiano. Il fatto poi che nella piana fra Prato e Pistoia sia in aumento lo stato di scarsa qualità chimica delle acque, come da me correttamente riferito, e che ciò sia dovuto essenzialmente a composti organoalogenati, autorizza forse a peggiorare ulteriormente la situazione consentendo, con il PUFF lo spandimento di pesticidi anche in prossimità dei pozzi?
Ed infine, a differenza di quanto mi attribuisce l’Assessore, con la salute delle persone non mi sono mai sognata neppure lontanamente di scherzare e posso garantire che, dopo una vita trascorsa come medico in un reparto di Oncologia/Ematologia, il mio obiettivo è spendermi affinché venga ridotta l’esposizione della popolazione agli agenti tossici e cancerogeni, perché sono convinta che questa sia l’unica strada per tutelare davvero la salute: la Prevenzione Primaria. Del resto l’art.5 del Codice Deontologico dei Medici mi sollecita a fornire adeguate informazioni sui rischi ambientali: ad esempio tutti dovrebbero sapere che per il clorpirifos non esistono livelli cautelativi per il neurosviluppo e che una recente metanalisi sul rischio di linfoma non Hodgkin per esposizione a glifosate nella grande coorte degli agricoltori americani ha riscontrato un aumento statisticamente significativo variabile dal +41 al +45%.
Non mi sembra che pari sensibilità nei confronti della salute umana, al di là delle parole di rito, emerga dal Decreto di cui stiamo parlando, visto che, anziché dare priorità alla protezione della salute – come previsto dal Regolamento europeo sull’uso sostenibile dei pesticidi – si pone l’obiettivo di “valutare se il divieto potesse essere potenzialmente critico al fine di garantire un adeguato livello di protezione alle colture agrarie toscane”, affermando che “ è necessario definire una disciplina equilibrata che tenga conto di esigenze tra loro contrapposte, ma che tutte garantiscono funzioni essenziali come l’attività agricola, la tutela della salute e dell’ambiente, la difesa da agenti patogena delle piante”. Credo che col PUFF ci siano davvero pochi dubbi che la tutela della salute passa nettamente in secondo piano. Con questo, gentile Assessore, sarei ben felice di confrontarmi pubblicamente con lei sul tema non solo del glifosate, ma di un modello agricolo industriale che sempre più viene riconosciuto fallimentare e dannoso per l’ambiente e la salute.