L’Unione Buddhista Italiana (UBI) a fianco di Navdanya International per affrontare le sfide ambientali e della transizione ecologica. Una partnership suggellata dall’intervento della presidente di Navdanya, Vandana Shiva, all’evento organizzato dalle due organizzazioni presso l’Aula consiliare di Palazzo Valentini a Roma. Emergenza climatica, inquinamento dei suoli e delle falde acquifere, contaminazione chimica dei cibi e impoverimento dei nutrienti nella nostra alimentazione, aumento delle diseguaglianze e dell’insicurezza alimentare. Sono questi solo alcuni dei capi d’accusa che gravano sul sistema della grande produzione e distribuzione industriale, impegnata in un’annosa battaglia contro l’agricoltura contadina. E’ allora necessario ripensare lo stesso concetto di ecologia mettendolo al riparo dalle sempre più frequenti operazioni di greenwashing. “Ecologia profonda e agricoltura rigenerativa” non rappresenta solo il titolo di un evento ma di un programma che intende, in primo luogo, promuovere un’operazione culturale. Apprendere il vero valore dell’ecologia, tutelando la biodiversità di tutte le forme di vita presenti nel nostro pianeta, è il primo passo per la necessaria trasformazione degli attuali sistemi di produzione e distribuzione industriali che, secondo i maggiori rapporti di settore, sono in larga parte responsabili delle crisi ambientale e sanitaria in corso.
“Dobbiamo ricordare cosa è la vita. Ci siamo distratti e, nel corso di poche decadi, ogni cosa è stata oggettificata e mercificata. Dobbiamo ribellarci all’attacco sistematico ai sistemi di conoscenza, a ciò che definisco Epistemicidio”. Così Vandana Shiva è intervenuta durante la presentazione della partnership fra le due organizzazioni ricordando come tutte le specie viventi, compresi gli umani, siano interconnesse. Ma questo legame è in grave pericolo: “La guerra in atto contro la terra è basata sulla paura del vivente. C’è voluta molta violenza per mettere a tacere la conoscenza del vivere. Il cibo connette tutti noi ed è per questo che dobbiamo smettere di considerare gli agricoltori come semplici produttori. L’agricoltura – ha concluso l’attivista indiana – è cura della terra e gli agricoltori sono i suoi custodi e coloro i quali sanno come rigenerarla”.
Il recupero della conoscenza della nostra interconnessione con la terra e la valorizzazione degli agricoltori sono le basi da cui partire per proteggere l’intero mondo vivente dall’attacco delle multinazionali. Raccontare e promuovere azioni di trasformazione ecologica è essenziale per far comprendere che le alternative al sistema industriale esistono e funzionano. “Parliamo di una rivolta gioiosa – ha sostenuto Silvia Francescon, responsabile dell’agenda ecologica dell’UBI – che si pone come contro altare al sistema delle false soluzioni proposte dagli stessi inquinatori. Parliamo di trasformazione dei sistemi alimentari e di conversione agroecologica perché oggi i contadini rischiano di scomparire. E le possibilità di incentivare una produzione agroecologica ci sono tutte. Penso alla promozione dell’alimentazione biologica nelle mense pubbliche, negli ospedali e nelle carceri”.
Anche secondo Nicoletta Dentico, della Society for International Development, il sistema alimentare industriale è alla base delle principali questioni ambientali. “L’agricoltura industriale è responsabile di almeno un terzo delle emissioni climalteranti e produce un cibo che ci fa male. Eppure nessuno ne parla. Così come nessuno parla dei grandi conflitti d’interesse che ci sono dietro le politiche del cibo globali e locali. La rivoluzione verde, ovvero l’industrializzazione dell’agricoltura, è stata promossa da miliardari come Rockefeller e oggi continua ad essere promossa da miliardari come Bill Gates. Anche le politiche del cibo italiane – conclude la Dentico – sono disegnate dalle multinazionali”.
Un’affermazione importante considerando che, come spiega Davide Marino, della Rete italiana delle politiche locali del cibo, il 25% del reddito in Italia è speso proprio per mangiare. “Nel mondo dell’industria – rileva Marino – c’è una diffusa incapacità di assegnare il vero valore al cibo. Al contempo l’agricoltura industriale è la principale causa della deforestazione al mondo. I risultati di questo modello produttivo sono disastrosi anche per le persone, considerando l’insicurezza alimentare diffusa in tutto il mondo. Cambiare modo di produrre è una necessità che la stessa Unione Europea riconosce”.
Secondo Lucio Cavazzoni, presidente di Goodland – ecologia e agricoltura sono la stessa cosa ed è per questo che la figura del contadino va tutelata. “Il mondo contadino è in sofferenza perché gli agricoltori sono obbligati a competere. Ma l’agricoltura si basa sul concetto di equilibrio e non su quello di competizione. Il contadino non è solo produttore di cibo ma anche curatore di paesaggi. E’ nella cura del paesaggio che si sviluppano le relazioni. Senza l’opera dei contadini – conclude Cavazzoni – le relazioni umane e quelle con la terra rischiano di essere spezzate”.
Per invertire la tendenza è allora necessario lanciare un piano di conversione ecologica. Grazia Francescato, già leader Wwf Italia e portavoce Verdi Europei, è convinta della necessità di attivarsi per creare una rete fra le iniziative ecologiche che si stanno sviluppando nei territori. “Dobbiamo lanciare un programma di rigenerazione valorizzando le piccole aziende agricole. Vi sono tante piccole produzioni contadine che rappresentano dei veri punti di luce. Dobbiamo aiutare questi punti luce a divenire una costellazione”.
E fra i punti luce citati da Francescato c’è sicuramente l’associazione pugliese Diritti a Sud, presente a Palazzo Valentini con la sua presidente Rosa Vaglio. “Abbiamo dovuto superare la cultura dell’emancipazione dal mondo contadino. Restituendo dignità, diritti e valore all’agricoltura abbiamo deciso di tornare alla terra perché il pianeta va curato, non svenduto. Scegliendo il prodotto da acquistare tutti noi possiamo fare questa scelta, decidere da che parte stare”.
Le conclusioni della conferenza sono spettate a Stefano Bettera, responsabile della comunicazione dell’UBI, che ha sottolineato come cura e interdipendenza siano alla radice del messaggio Buddhista. “La Terra sta attraversando una crisi senza precedenti nella storia. Noi tutti siamo chiamati ad intervenire: di fronte a quest’emergenza globale, anche le confessioni religiose devono inserirsi nel dibattito e dare delle risposte e strumenti utili per salvare la nostra casa comune. Non possiamo più restare immobili: ora è il momento di agire, di farsi avanti e lavorare insieme, perché quello che abbiamo nelle nostre mani è una responsabilità globale, sia per noi che viviamo sul nostro Pianeta oggi sia per chi seguirà le nostre orme domani. Siamo qui per dire e fare cose scomode perché pensiamo sia arrivato il momento di smettere di essere compiacenti verso gli atti di guerra che si stanno perpetrando contro la terra e l’umanità. Il Buddhismo indica una prospettiva diversa, richiama a vivere e far vivere con gioia. Contro la cultura della morte – ha concluso Bettera – ci vogliamo impegnare a salvare ogni essere vivente”.
Pierluigi Sanna, Vice Sindaco della Città metropolitana di Roma, ha infine ringraziato le associazioni per aver coinvolto la Città Metropolitana nell’iniziativa. “Ringrazio l’UBI per aver coinvolto la Città metropolitana in un’interlocuzione così importante: Ambiente, ecologia, rigenerazione ambientale e sociale sono aspetti interconnessi. Amare il territorio vuol dire saper instaurare un ciclo virtuoso che va a vantaggio della sostenibilità, ambientale e sociale. Ripristinare un corretto rapporto tra uomo e natura, promuovendo l’agroecologia, significa seminare un nuovo equilibrio che può avere ricadute positive come alternativa economica, giustizia sociale e sostenibilità. Questo è un messaggio di salvezza e resistenza, l’uomo deve comprendere lo sforzo da fare per eliminare le cattive abitudini sviluppate soprattutto nel secolo scorso e adottarne altre, fondamentali e salvifiche, che avranno effetti profondamente diversi su tanti aspetti delle nostre vite”.
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