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Di Manlio Masucci – L’Extraterrestre, settimanale ecologista de Il Manifesto, 4 novembre 2021 | Fonte

La Regione Lazio ha recentemente riconosciuto cinque biodistretti: Castelli Romani, Lago di Bolsena, Etrusco Romano, Valle di Comino e Via Amerina e delle Forre. Un riconoscimento che si accompagna allo stanziamento di circa 400 mila euro di contributi per la loro promozione accessibili attraverso un bando regionale. La politica sembra dunque guardare con interesse a un modello che promette di valorizzare le eccellenze italiane e dare un nuovo impulso all’aumento della superficie agricola biologica. L’aumento del numero dei biodistretti è una risposta netta, da parte dei territori, all’invasività del modello agricolo industriale transnazionale. Un modello improntato alla generazione di profitti e al centro di numerosi attacchi per la sua incapacità di rispettare l’identità e la vocazione dei territori e le reali necessità della popolazione. Le ricorrenti pressioni, in ambito Ue e in particolare in Italia, per l’introduzione di Ogm di nuova generazione, rappresentano un ulteriore segnale di allarme a cui i biodistretti sembrano in grado di rispondere nel migliore dei modi grazie alla loro innata vocazione di difesa delle istanze locali.

Fra i neo biodistretti più estesi c’è quello del lago di Bolsena, ubicato nell’area della Tuscia viterbese, al confine fra Lazio, Umbria e Toscana e costituito da ben 18 comuni. Un’area al centro di numerose polemiche soprattutto per l’espansione della monocoltura intensiva delle nocciole. Attualmente circa il 30% dei noccioleti italiani si trova in provincia di Viterbo. Gli accordi fra le associazioni di produttori e le multinazionali, in particolare la Ferrero, hanno reso la coltivazione intensiva della nocciola particolarmente conveniente ma hanno anche contribuito alla concentrazione della proprietà e all’industrializzazione del settore. I timori dei residenti riguardano soprattutto i trattamenti chimici che hanno un impatto sulla qualità dell’aria, del suolo e delle falde acquifere. L’Ue ha recentemente aperto una procedura di infrazione per l’inquinamento del lago di Vico mentre la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio ha espresso la sua preoccupazione per «l’inevitabile alterazione dei caratteri identitari del paesaggio agrario e fondiario». Molti comuni sono stati costretti ad approvare ordinanze dissuasive per cercare di arginare l’ondata corilicola.

L’aggregazione popolare intorno ai temi relativi alla coltivazione intensiva della nocciola rappresenta uno degli elementi che ha dato impulso alla costituzione del biodistretto del Lago di Bolsena. Il progetto non si ferma però alla salvaguardia del territorio ma punta soprattutto alla promozione di un nuovo modello di fare agricoltura, valorizzando le produzioni locali, la filiera corta, dando nuovo slancio alla piccola e media imprenditoria. Un volano di sviluppo locale che si oppone al modello predatorio delle multinazionali: «Nel Biodistretto metteremo insieme – ha commentato il presidente del Biodistretto del lago di Bolsena, Gabriele Antoniella – energie ed interessi per promuovere un’agricoltura biologica e di piccola scala, con gli obiettivi principali di rispettare l’ambiente, i nostri bacini idrici e incentivare la produzione a km0. Vogliamo dare slancio ad un’economia virtuosa, costruendo processi partecipati per uno sviluppo sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico tornando a confrontarci su tematiche cruciali come quella della produzione di cibo».


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