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Di Manlio Masucci, Navdanya International – L’Extraterrestre, settimanale ecologista de Il Manifesto, 29 aprile 2021 | Fonte

Nell’ambito della giornata internazionale della Terra sono stati molti gli eventi organizzati per sottolineare l’urgenza di un cambio di paradigma nel modo in cui produciamo il cibo e ci relazioniamo all’ambiente.

Navdanya International ha organizzato un webinar che ha voluto mettere in evidenza il legame fra diritti umani e diritti della natura. Continuare a considerare la terra come un bacino inesauribile di risorse, da cui estrarre ricchezza a piacimento senza curarsi degli impatti, lede infatti anche il diritto delle presenti e future generazioni a un ambiente sano e salubre. Anche la natura detiene i suoi diritti: «La negazione dei diritti della natura – ha sottolineato la presidente di Navdanya, Vandana Shiva – porta alla sua distruzione e alla minaccia delle condizioni stesse della sopravvivenza umana. Gli stessi costrutti che portano alla violenza contro la natura e alla sua distruzione diventano la base della violenza contro gli altri esseri umani. La non sostenibilità e l’ingiustizia fanno parte dello stesso processo».

E’ necessario allora ricalibrare i nostri sistemi di produzione e consumo attraverso una diversità di azioni ecologiche, promuovere un sistema alimentare e agricolo che sostenga la vita sulla terra, sostituire i monopoli aziendali con i beni comuni e la competizione con la cooperazione, muoversi verso un modello circolare in cui l’economia sia tenuta in considerazione quanto la cura di ambiente e persone.

Presenti al webinar Nnimmo Bassey, direttore del think-tank nigeriano, Health of Mother Earth Foundation, Fernando Cabaleiro, avvocato dell’Università di Buenos Aires e fondatore di Naturaleza de Derechos, Jojo Mehta, direttore esecutivo di Stop Ecocide International, Marie Toussaint, membro del Parlamento europeo. Tutti i relatori hanno espresso la loro preoccupazione: dai disastri ambientali causati dalle multinazionali sul Delta del Niger alle deforestazioni amazzoniche e alla dittatura della soia in America Latina, le multinazionali e gli Stati riescono a sottrarsi alle proprie responsabilità nonostante gli evidenti danni inferti a natura e popolazioni. Continuare a considerare i diritti umani come separati dai diritti della natura è un incoraggiamento al perpetrarsi delle pratiche di ecocidio.

Ed è proprio sul riconoscimento legale dei diritti della natura che il webinar si è concentrato partendo dall’esempio del cosiddetto «caso del secolo», un ricorso che ha portato a dichiarare lo Stato francese responsabile della sua inazione climatica. Ma sono molti gli esempi che hanno condotto i singoli Stati a riconoscere i diritti della natura, superando l’approccio classico della giurisprudenza che si concentra sui diritti delle persone e sulla difesa della proprietà privata. C’è allora spazio per aprire un nuovo filone legale che prenda in seria considerazione i crimini contro la natura a livello penale. La campagna Stop Ecocide mira a far incorporare il reato di ecocidio fra quelli già riconosciuti dalla Corte penale internazionale dell’Aia. Inquadrare l’ecocidio a livello normativo internazionale, come è avvenuto per il genocidio ed altri crimini contro l’umanità, potrebbe rappresentare un deterrente importantissimo nei confronti di quelle entità che continuano a svolgere i propri affari e a macinare profitti esternalizzando i costi di produzione sull’ambiente e sulla società.