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Di Vandana Shiva – L’Extraterrestre, settimanale ecologista de Il Manifesto, 15 dicembre 2022 | Fonte

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Potrei dirvi che, in tutto il mondo, ogni settimana tre persone vengono uccise mentre cercano di proteggere la loro terra, il loro territorio, dal potere delle industrie estrattive. Questa situazione si protrae da decenni, e negli ultimi anni il numero delle vittime ha superato le 200 unità all’anno. E potrei dirvi, come fa questo rapporto, che solo nell’ultimo anno sono stati uccisi altri 200 attivisti. Ma questi numeri non diventano reali finché non si pronunciano i nomi di coloro che sono morti. Marcelo Chaves Ferreira. Sidinei Floriano Da Silva. José Santos López. Ognuno di loro è stato amato dalla propria famiglia, dalla propria comunità. Jair Adán Roldán Morales. Efrén España. Eric Kibanja Bashekere. Ognuno di loro è stato considerato sacrificabile in nome del profitto. Regilson Choc Cac. Ursa Bhima. Angel Rivas. Ognuno di loro è stato ucciso per difendere non solo i propri territori, ma anche la salute del pianeta che tutti condividiamo.

È importante visualizzare queste vittime come persone. Per me è più facile. Sono stata circondata da difensori della terra e dell’ambiente per tutta la vita, e sono una di loro. Per me è iniziato tutto nell’Himalaya Garhwal, in India, dove mio padre era un guardaboschi e mia madre un’agricoltrice. Il disboscamento industriale stava distruggendo l’ecosistema dove noi eravamo integrati.

Sapevamo intimamente che il valore della foresta himalayana non si trova nel prezzo del suo legname, ma nel modo in cui la sua straordinaria diversità sostiene tutte le forme di vita. Per questo ci siamo opposti ai disboscatori di professione e ci siamo messi in pericolo. Poiché ci siamo opposti a un intero sistema di pensiero, che vede la natura non come qualcosa da proteggere ma da conquistare. Si tratta di un approccio che affonda le sue radici nelle rivoluzioni industriali occidentali del XIX secolo o, ancora più indietro, nella teoria scientifica del cosiddetto Illuminismo occidentale. È importante sottolineare come quest’ottica abbia avuto origine in Occidente. Come mostra questo rapporto, quasi tutti i difensori dell’ambiente uccisi provengono dal Sud del mondo, eppure non è il Sud del mondo a raccogliere i presunti «frutti» della violenza di questo sistema.

La verità più triste è che questo modello di pensiero ci sta portando al collasso. Non ci troviamo solo in un’emergenza climatica. Ci troviamo alle porte della sesta estinzione di massa e questi difensori sono alcune delle poche persone ad ostacolarla.
È importate tutelarli non solo per ragioni morali. Ne va del futuro della nostra specie e del pianeta. Per questo è così importante sostenere l’appello lanciato da Global Witness, affinché vengano garantite tutele reali a coloro che sono in prima linea di fronte a questa catastrofe. Queste sono le persone che capiscono come il destino dell’umanità sia intrecciato a quello dei luoghi naturali. E sono disposti a rischiare tutto per proteggerli. Per questo meritano protezione. Ciò significa che i governi nazionali e sovranazionali devono impegnarsi a denunciare e indagare su questi omicidi e, infine, a perseguire i colpevoli. Significa che i governi devono garantire la protezione dei difensori e impegnarsi a rendere loro giustizia. Significa che le imprese devono garantire che le loro operazioni non causino danni. E significa che tutti noi dobbiamo continuare a far luce su queste storie, non solo per ricordare i caduti, ma anche per portare avanti il loro indispensabile lavoro, informando il mondo sui motivi di queste morti. Nel 2021, 200 persone sono state uccise mentre proteggevano le proprie case e i propri diritti. Vi invito a leggere i nomi. Ad indignarvi per loro e poi ad agire. (…). In base alle testimonianze riportate dai difensori in quattro diversi continenti, il rapporto evidenzia che:

Tra il 2012 e il 2021, 1.733 difensori sono stati uccisi nel tentativo di proteggere la loro terra: una media di un difensore ucciso ogni due giorni circa in dieci anni. Oltre la metà degli attacchi in un periodo di 10 anni ha avuto luogo in tre Paesi: Brasile, Colombia e Filippine. Nel 2021, 200 difensori della terra e dell’ambiente hanno perso la vita. Questi attacchi letali continuano a verificarsi nel contesto di una più ampia gamma di minacce contro i difensori che vengono presi di mira da governi, imprese e altri attori non statali con violenze e campagne diffamatorie. Questo accade in ogni regione del mondo e in quasi tutti i settori. Il Messico è stato il Paese con il maggior numero di uccisioni nel 2021 (54), seguito da Colombia (33) e Brasile (26). Oltre tre quarti degli attacchi nel 2021 sono avvenuti in America Latina. In Brasile, Perù e Venezuela, il 78% degli attacchi è avvenuto in Amazzonia. La ricerca ha anche evidenziato che le comunità indigene devono affrontare un livello sproporzionato di attacchi – quasi il 40% – anche se rappresentano solo il 5% della popolazione mondiale.