Di Marco Bellizi – L’Osservatore Romano, 19 novembre 2020 | Fonte
Il colloquio dell’Osservatore Romano con l’ambientalista e attivista indiana Vandana Sheva, tra gli ospiti più attesi di Economy of Francesco
Economy of Francesco e il suo obiettivo di confronto per la nascita di un nuovo modello di economia fa incontrare uomini e donne, giovani e imprenditori, premi Nobel e ricercatori, di diverse nazionalità e fedi, accomunando tutti con l’imperativo etico ed ecologico che racchiude. È quanto emerge dalle parole di Vandana Shiva, indiana, laureata in Fisica quantistica in Canada, leader di diversi movimenti ambientalisti, tra i massimi esperti internazionali di ecologia sociale e Membro del Forum Internazionale sulla Globalizzazione. Da lei ha preso vita anche il Navdanya (in hindi “Nove semi”), un movimento per la difesa degli agricoltori locali contro i tentativi delle multinazionali di imporre un prodotto unico e brevettato. Vandana Shiva è una delle personalità più attese all’evento «The Economy of Francesco» dove parlerà dell’ “economia dell’abbondanza” e di come favorire uno sviluppo che inizi dal basso. A partire, naturalmente, dal messaggio religioso e da quello che ogni fede ha in comune: la cura per i propri simili, per il creato e per la ricchezza della sua varietà.
Lei ha sicuramente avuto modo di leggere l’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco. Che impressione ne ha ricavato?
R. – Non solo ho letto l’enciclica di Papa Francesco Laudato si’, ma ho partecipato al dialogo in Vaticano su come Ridefinire l’economia e andare al di là dell’economia dell’indifferenza. Quando ho letto Laudato si’ mi sono sentita come se stessi leggendo i nostri antichi testi vedici, specialmente Atharvaveda, sul nostro dovere di avere rispetto per la Terra e per tutte le sue creature.
Cosa si aspetta dall’evento di Assisi?
R.- L’evento era programmato a marzo, prima del Covid, prima del lockdown. Data la crisi ecologica, le crisi della disuguaglianza sociale ed economica, considero questo evento molto importante. Anche a marzo era chiaro che abbiamo bisogno di un’economia del dare e condividere per il benessere di tutte le creature della nostra casa comune. Con il Covid e il lockdown l’”Economia of Francesco” è diventata un imperativo etico ed ecologico per la sopravvivenza e il benessere del pianeta e delle persone. Non vedo l’ora di partecipare.
In che modo le religioni contribuiscono a recuperare un contatto autentico con la Creazione? Una diversa percezione su origine e teologia del Creato può rappresentare un ostacolo?
R. – Nel loro nucleo, tutte le fedi ci insegnano a prenderci cura della creazione l’uno con l’altro. Nessuna fede dice di distruggere la terra o di lasciar morire di fame il nostro prossimo. Le storie sulla creazione possono essere differenti ma il dovere verso la creazione è comune. Le fedi si focalizzano sui doveri e ci uniscono nella nostra comune umanità. Una politica fatta di divisioni e comandamenti crea contrasti. Per me, l’insegnamento dell’Isho Upanishad e di Gandhi hanno grande importanza al fine di comprendere i limiti ecologici e la condisione ecologica dei doni della Terra. Sintetizzando gli insegnamenti dell’Isho Upanishad, Gandhi ci ricorda che “La Terra ha abbastanza per i bisogni di tutti ma non abbastanza per l’avidità di pochi”. Il primo mantra dell’Isavasya Upanishad recita: “Isavasyam idam sarvam yat kim ca jagatyam jagat, tena tyaktena bhunjitha, ma gridhah kasyasvid dhanam” (Isa 1) (L’universo e la terra sono permeati di divino e sono a beneficio di tutti gli esseri viventi. Dovremmo godere dei doni della Terra attraverso la rinuncia, non attraverso l’avidità di possesso e lo sfruttamento. Prendere più di quanto ci spetta per soddisfare i nostri bisogni è un furto alle altre specie, agli altri esseri umani e al futuro). In un mondo interconnesso che rigenera la vita, estrarre più di quanto ci spetta violando i limiti ecologici della rigenerazione crea una crisi ecologica e violare I limiti etici della giustizia crea scarsità, povertà, e fame nella società. Quando i potenti prendono di più dai doni della Terra attraverso i modelli di consumo e di produzione estrattivistica da loro imposti c’è meno per gli altri. In un mondo basato sull’avidità, sul prendere senza dare, “di più è di meno”. Il di più dei ricchi, dei miliardari, dei potenti, significa meno per la Terra e per il popolo.
Lei ha fondato, diversi anni fa, il movimento Navdanya, per la protezione dei semi autoctoni dai brevetti delle multinazionali. A che punto è questa “battaglia”?
R. – Ho fondato Navdanya perché non potevo accettare la menzogna delle multinazionali secondo la quale il seme è come un macchina che loro hanno inventato e del quale quindi hanno il brevetto. Secondo me questa è una violazione dell’integrità della creazione e dei suoi organismi viventi. GMO (Genetic modified organism, Ogm, ndr) per le aziende significa “God Move Over” (Dio, fatti più in là). Ora siamo noi il Creatore. Ora siamo dèi. Per me Navdanya è il mio servizio alla creazione e ai diritti comuni degli agricoltori. Abbiamo creato 150 “Banche dei semi” comunitarie, ho contribuito alle nostre leggi che dicono che le piante, gli animali e i semi non sono invenzioni umane e quindi non sono brevettabili. Ho aiutato a scrivere leggi che riconoscono i diritti degli agicoltori. Oggi, le compagnie Biotech e i tecnomiliardari voglio dar vita a un’agricoltura digitale e a una coltivazione senza agricoltori. Vogliono rimpiazzare il cibo vero e il pane della vita con il cibo brevettato di laboratorio. Povertà e fame e malattie croniche sono la conseguenza dell’avidità delle aziende che immettono veleni e prodotti chimici per far crescere il cibo e processarlo. Ora c’è il tentativo di creare cibo artificiale e cibo fasullo in laboratorio e di brevettare ogni passo del processo, il che contribuisce a nuove attività estrattive e a un ulteriore crisi sanitaria e alimentare. Ogni passo verso una maggiore estrazione, verso la complicazione delle procedure, verso la manipolazione, verso la concentrazione, crea più domanda di risorse della Terra e priva della giusta condivisione le altre specie e le altre persone. In questo momento, le comunità Navdanya affrontano la sfida emergente di proteggere la loro sovranità alimentare, la loro sovranità di conoscenze, la loro sovranità economica. Noi ora dobbiamo creare “Banche dei semi” comunitarie per proteggere I semi della vita, il cibo per la vita, i mezzi di sussistenza rurali e la sacralità del cibo.
In che modo si possono convincere le multinazionali ad abbandonare la logica del profitto?
R. – Avidità e potere rendono i miliardari che controllano le grandi società ciechi e sordi. Non credo che noi dobbiamo convincerli. Abbiamo necessità di essere convinti come individui e comunità che dobbiamo intraprendere azioni per amare e proteggere la terra, per avere compassione per tutte le creature, per condividere. Trovare alternative basate sul dare e condividere crea una prosperità condivisa e ci libera dal controllo delle grandi aziende.
Lei è ottimista?
R. -Sono ottimista, perché ogni giorno salvo e pianto semi di speranza, semi di resilienza.
In qualche caso la tecnologia sembra consentire ai paesi più poveri e con caratteristiche non favorevoli di poter comunque coltivare e quindi alleviare le loro condizioni di povertà. Secondo lei in questo caso è giusto ricorrere alla tecnologia o in ogni caso è meglio ascoltare la Terra, quando ci dice che un determinato luogo non è destinato, secondo natura, alla coltivazione?
R. – Durante gli ultimi quattro decenni, ho studiato tecnologie imposte in paesi come il mio con la motivazione che ciò avrebbe creato crescita e eliminato fame e povertà. Ho realizzato un libro sulla “Rivoluzione Verde” che ha creato nuovi mercati per l’industria dei fertilizzanti, distrutto il suolo, l’acqua e ha contribuito al cambiamento climatico, lasciando gli agricoltori intrappolati nel debito. Gli Ogm sono stati introdotti con le stesse argomentazioni. Hanno lasciato una scia di debiti e di suicidi, e anche se sono stati venduti come una tecnologia antiparassitaria miracolosa hanno fallito nel controllare i parassiti. Centinaia di agricoltori sono morti a causa dell’avvelenamento da pesticidi…Tecnologia significa strumenti. Gli strumenti hanno bisogno di essere valutati e scelti con responsabilità. Gli strumenti sono mezzi per migliorare il benessere in accordo con le leggi dell’ecologia. I baroni della Grande Tecnologia stanno provando a elevare gli strumenti attraverso i quali ottengono superprofitti, carpendo i nostri dati e brevettando qualsiasi cosa – i nostri semi, il nostro cibo, le nostre informazioni -, a nuova religione. Strumenti e tecnologie vengono resi il fine, e l’umanità e la terra vengono ridotti a mezzi. Gli esseri umani vengono definiti come “tecnologia non sviluppata”, che ha bisogno di essere aggiornata per diventare appendice delle macchine. Il cibo reale, nutriente viene definito come “tecnologia non sviluppata” da aggiornare attraverso il cibo di laboratorio, il cibo artefatto. Noi dobbiamo rimettere strumenti e tecnologie al loro giusto posto, come mezzi per fini più alti.
Che opinione ha dei diversi movimenti per la difesa dell’ambiente che sono nati in questi anni in Europa (per esempio quello, giovanile, di Fridays for Future)?
R. – Qualsiasi movimento è il benvenuto. I miei sforzi sono sempre stati di unire differenti fedi, classi, generi, razze per cercare la nostra comune umanità mentre affrontiamo le ingiustizie. Proteggere la terra è dovere di tutti. Le economie della cura avranno cura della Terra e delle future generazioni.
Che ruolo hanno le donne nella transizione ecologica?
R. – Come fisico quantistico ho un ruolo. Non sottoscrivo l’Essenzialismo. Le mie esperienze di vita mi hanno insegnato che le donne sono state lasciate a prendersi cura delle loro famiglie e delle loro comunità. Il lavoro di assistere è stato considerato come un non-lavoro, è stato disprezzato e sminuito. Ma che sia la pandemia, o la chiamata a rigenerare la terra o prendersi cura delle comunità che affrontano la fame, la disoccupazione e la povertà, l’esperienza e la dedizione delle donne a prendersi cura guideranno la transizione ecologica. Ogni movimento ecologico al quale ho preso parte era diretto da donne. Le donne non dimenticano mai come prendersi cura. Possono insegnare a ognuno il valore dell’assistenza, dell’amore e della compassione.