Di Manlio Masucci – L’Extraterrestre, settimanale ecologista de Il Manifesto, 22 febbraio 2024 | Fonte
Il sistema agricolo industriale, figlio della rivoluzione verde postbellica, è destinato, per sua stessa natura, a produrre crisi e contraddizioni indissolubilmente legate alla matrice neoliberista imperante e globalizzante. Senza agevolazioni, sussidi, esternalizzazioni dei costi e deroghe, tale sistema non si reggerebbe nemmeno in piedi. Un modello tragicamente fragile perché da un lato mette a rischio la dignità dei lavoratori del settore e dall’altro intacca la sovranità alimentare delle popolazioni compromettendo la nostra salute e quella dell’ambiente.
A trarre vantaggio da questo sistema sono le multinazionali dell’agribusiness e la grande distribuzione organizzata. Secondo i dati più recenti i profitti delle maggiori cinque compagnie del settore alimentare globale sono triplicati negli ultimi tre anni mentre non più di sei aziende sono oramai così potenti da influenzare direttamente politica e ricerca scientifica con impatti determinanti sui mercati globali. Un meccanismo perfetto capace di mettere produttori e consumatori gli uni contro gli altri in una fantomatica guerra dei prezzi.
La risposta che arriva dalla Commissione europea, che ha ritirato la proposta di regolamento sull’uso sostenibile dei pesticidi, è quindi profondamente sbagliata ma ci aiuta a capire quali siano i principali portatori di interesse in gioco. Non a caso le proteste contro il trattato Ue-Mercosur sono cadute in secondo piano nonostante sia risaputo come gli accordi di libero scambio comportino una pressione al ribasso sui prezzi dei prodotti agricoli, danneggiando soprattutto le piccole e medie aziende locali.
In un momento storico in cui l’evidenza scientifica ci suggerisce, o meglio ci intima, di cambiare modello di produzione e distribuzione, la lobby industriale sfodera tutte le sue armi più potenti per mantenere lo status quo. Greenwashing, lobbying, landgrabbing, campagne denigratorie ed evidenti strumentalizzazioni. Sono questi solo alcuni degli strumenti necessari a mantenere aperto il rubinetto dei profitti. Unico vero obiettivo dei board industriali.
Sostituire l’agricoltura tradizionale e biologica con metodi industriali e artificiali, come le sementi geneticamente modificate, la carne sintetica, gli input chimici, le monocolture, rappresenta una falsa soluzione alla crisi ecologica perché parte di un approccio che non tutela la biodiversità, la salute del suolo, la sovranità alimentare e i diritti degli agricoltori e dei consumatori.
E’ fondamentale aprire una discussione approfondita su un modello agricolo produttivo e di distribuzione che faccia gli interessi di cittadini, agricoltori e ambiente. Senza cercare facili capri espiatori ma piuttosto valutando i vantaggi, economici e sociali, di un’agricoltura che sia veramente contadina e non controllata dagli speculatori del settore. Gli agricoltori, intrappolati dall’industria in un tapis roulant chimico e in un modello eccessivamente votato all’export, dovrebbero essere aiutati nella transizione a un’agricoltura organica rigenerativa. La riforma della PAC, che attualmente favorisce le aziende di grandi dimensioni, appare un passaggio fondamentale per rilanciare le produzioni locali biologiche, tutelare la sovranità alimentare, valorizzare le filiere corte. La vera soluzione alla crisi ecologica e climatica non risiede nella creazione di sostituti del cibo o nell’espansione del paradigma industriale, ma nel potenziamento delle iniziative in tutto il mondo che stanno già lavorando per sanare la nostra relazione con la Terra.