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Di Vandana Shiva – L’Extraterrestre, settimanale ecologista de Il Manifesto, 8 settembre 2022 | Fonte

Il Pil è diventato il concetto dominante dei nostri tempi per misurare l’economia.

La crescita economica, però, maschera la povertà che crea, mediante la distruzione della natura e della sua capacità di fornire beni e servizi, e mediante la distruzione delle capacità di autosostentamento delle comunità.

Oggi, l’economia, misurata con il paradigma della «crescita», è in netto contrasto con i processi ecologici e con i bisogni umani primari. La distruzione della natura viene giustificata per favorire l’aumento della crescita, mentre per la maggior parte delle persone sono aumentate la povertà, le privazioni e l’espropriazione dei beni. Questo sistema, pur essendo promosso come «sviluppo economico», sta portando al sottosviluppo.

La privatizzazione dell’acqua, dell’elettricità, della sanità e dell’istruzione determina la crescita attraverso i profitti, ma genera povertà. Quando le economie vengono misurate solo in termini di flusso di denaro, le disuguaglianze aumentano, i ricchi diventano più ricchi e i poveri più poveri. Il Pil si basa sulla creazione di un confine artificiale e fittizio e sul presupposto che se si produce ciò che si consuma, non si produce. Di fatto, la «crescita» misura la conversione della natura in denaro e dei beni comuni in merci.

Una foresta vitale che cresce non contribuisce alla crescita, ma quando gli alberi vengono eliminati, abbattuti e venduti come legname, allora abbiamo crescita.

Se le risorse dei popoli vengono mercificate e le economie dei popoli vengono commercializzate, il flusso di denaro aumenta nella società, ma si tratta soprattutto di un «flusso in uscita» dalla natura e dai popoli verso gli interessi commerciali. L’economia del denaro cresce, ma l’economia della natura e delle persone si riduce.

Il denaro, da mezzo di scambio che riflette il valore reale di beni e servizi reali, è diventato «capitale». Questa astrazione lo separa dalla realtà e permette di violare i limiti ecologici e sociali. L’idea irreale di una crescita illimitata su un pianeta limitato è alla base dello sfruttamento della Terra e delle comunità umane.

Ogni aspetto essenziale della vita viene colonizzato e reso fonte di profitto. E ogni categoria viene manipolata per essere forzata all’interno dell’economia del denaro come unica valuta.

La visione distorta del mondo secondo cui il denaro è l’unico valore e la creazione di denaro come diritto di superiorità del colonizzatore che rivendica diritti sulle risorse e sulle vite altrui, è alla base della finanziarizzazione della natura.

La crescente conversione della natura e dei processi vitali della Terra in finanza è una continuazione e un’accelerazione dell’estrattivismo. Le società di asset finanziari stanno sviluppando un’economia finanziaria fittizia da 4.000 miliardi di dollari derivante dall’estrazione di profitti su beni e servizi provenienti dai «beni naturali». Questa mercificazione è l’appropriazione dei beni comuni della vita.

La pretesa di «stabilire il valore della natura» è una negazione dei diversi valori attraverso i quali le culture indigene si relazionano alla Terra e agli esseri che la abitano. L’«aumento del valore attribuito alla natura attraverso soluzioni basate sul mercato» prosegue la negazione delle economie viventi della natura e delle comunità locali e riduce la vita a un costrutto colonizzante.

Ridurre la natura a un mercato e ridurre i processi ecologici della Terra a beni da possedere e scambiare nel mondo finanziario viola tutti i principi fondamentali con cui Madre Terra organizza la sua economia vivente e condivide i suoi doni per nutrire e sostenere tutti gli esseri viventi. Mediante l’estrattivismo è possibile convertire la natura in denaro, ma non è possibile trasformare il denaro in natura. La creazione di nuovi algoritmi per moltiplicare le finanze e aumentare le risorse finanziarie non può rigenerare la vita che si è persa nella natura a causa della distruzione ecologica.

La violazione dei diritti della Terra e delle comunità locali e alla base della logica dell’ecocidio e del genocidio. Le emergenze molteplici che stiamo affrontando: la crisi sanitaria, la crisi energetica, la crisi climatica, la fame, la povertà, l’ingiustizia sociale, sono interconnesse tra loro e hanno radici comuni in un paradigma economico basato sull’estrattivismo e sulla crescita illimitata, che non riconosce limiti ecologici ed etici, che non rispetta l’integrità e i diritti della Terra e dell’umanità. La corsa alla crescita sta portando alla nostra estinzione come specie terrestre.

La nostra vita e la nostra libertà ci impongono di liberarci dalla prigione mentale e materiale della «crescita». È tempo di svegliarsi e capire che per favorire la vita e la libertà dobbiamo fermare la macchina estrattivista dall’avidità.

La strada proposta dal movimento per la decrescita è caratterizzata dal recupero dei beni comuni, dal porre la natura e le persone al centro dell’economia e della democrazia per creare economie viventi e democrazie viventi, per vivere e produrre in armonia con la natura.


Venezia 7 – 11 settembre 2022

Decrescita: se non ora, quando?

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